La ripresa autunnale ci consegna un quadro politico in estrema fibrillazione. La galassietta del centro è esplosa in briciole, gli eredi politici di Berlusconi sentono il fiato sul collo dei suoi discendenti di sangue, mentre alle estreme degli schieramenti le due forze populiste sono nel marasma, una (i Cinquestelle) sul punto di deflagrare, l’altra (la Lega) con una leadership incerta e la minaccia del vannaccismo alle porte. Dalla tempesta si salvano – per il momento – solo i partiti – guida dei due schieramenti, FdI e Pd.
Certo, l’attuale caos può autorizzare i pigri cantori del bipolarismo all’italiana a raccontarci che proprio la tenuta dei partiti maggiori è la dimostrazione che la navicella istituzionale funziona e non va smantellata, per evitare guai peggiori. Come dire: nella burrasca meglio aggrapparsi a due scialuppe piuttosto che annegare.
Ma che prezzo paghiamo al nostro dannato conservatorismo? Se il sistema si paralizza a due anni da un voto che appariva netto e inequivoco, è difficile immaginare che il paese possa compiere prossimamente le necessarie scelte impegnative e di qualità, che vanno dalle scadenze di bilancio che incombono fino all’assunzione di posizioni limpide in uno scenario internazionale inedito.
Lo sguardo degli attori politici continuerà a rivolgersi al proprio ombelico invece che al mondo, qualunque decisione sarà presa per evitare di favorire l’alleato di turno, non per cambiare l’Italia. E tutto resterà null’altro che stanca gestione dell’esistente. Ma continueremo a dire: per fortuna abbiamo il bipolarismo.