L’estate del 1992 fu particolarmente calda per i conti pubblici, per la Lira e soprattutto per le tasche degli italiani. È l’estate del “prelievo forzoso” dai conti correnti e della speculazione sulla nostra valuta nazionale. Un’estate che gli italiani, pare, abbiano dimenticato in fretta. Dobbiamo fare un salto indietro di trentadue anni, esattamente alla notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992.

Il presidente del Consiglio è Giuliano Amato, dottor Sottile per i giornali, ministro delle Finanze è Giovanni Goria; al dicastero del Bilancio c’è Francesco Reviglio della Veneria mentre il numero uno del Tesoro è Francesco Barucci: allora il ministero dell’Economia era diviso in tre per avere più “poltrone” al fine di accontentare tutti gli alleati di governo. Da settimane la Lira è sotto attacco speculativo. Il tutto parte da una dichiarazione della Bundesbank nella quale la Banca Centrale Tedesca spiega che non avrebbe potuto più sostenere la Lira.

L’ “Imposta Straordinaria sugli Immobili”

Il motivo piuttosto semplice: la Germania è impegnata negli enormi costi che dell’unificazione con l’Est. A questo punto, come racconta George Soros, il principale “colpevole” del crollo della Lira, la speculazione entra in gioco scommettendo contro la valuta italiana. Il crollo della Lira, l’enorme debito pubblico e le casse dello Stato praticamente vuote spingono il governo Amato ad una decisione storica: prelevare, nottetempo, il 6 per mille dai conti correnti. Non solo, il dottor Sottile firmò una finanziaria che tra tagli, nuove imposte e vendite di proprietà pubbliche fu quantificata in quasi 100mila miliardi di lire. Oltre al prelievo, infatti, fu istituita la “Imposta Straordinaria sugli Immobili”, l’Isi, che poi ha perso il carattere straordinario ed è diventata ordinaria: l’attuale Ici.

Occhio ai conti correnti

Isi e prelievo consentirono di mettere nelle casse dello Stato 11.500 miliardi di lire. Un numero che evitò il default. Anche se servì a poco: il successivo 13 settembre il Governo fu costretto a svalutare la Lira del 30 per cento. Un evento storico che dovrebbe insegnare alla politica italiana l’importanza di avere un bilancio pubblico in ordine e un debito sotto controllo ma che, invece, negli anni è stata sistematicamente dimenticata per lasciare spazio alle teorie complottistiche. Se il 1992 non si è più ripetuto è perché in Italia è in vigore l’euro e una speculazione valutaria non potrà più esserci. A differenza di quella sul debito pubblico: la sua grandezza e il costo degli interessi sono un problema enorme che qualcuno al Governo, prima o poi, dovrà decidere di risolvere. Prima che qualche speculatore inizi a giocare contro il Paese e quel punto: occhio ai conti correnti.

Angelo Vaccariello

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