Cazzolate
Esuli volontari
La nuova Radio Londra contro il fascismo di oggi: gli ospiti dei talk diventano i ghostbusters dei fantasmi neri
Vi sono gruppi e reti editoriali che credono di essere delle moderne Radio Londra, impegnate a demolire la propaganda del nuovo fascismo. Nello svolgimento di questa sacrosanta missione hanno dato ospitalità ai conduttori, ai giornalisti e al “culturame” (copyright di Mario Scelba) divenuti esuli volontari per non dover servire i nuovi padroni. Diversamente dai professori universitari che rifiutarono di giurare fedeltà al regime e che ripararono all’estero, i nuovi “ribelli” sono passati in tanti alla concorrenza, accolti con contratti e compensi ricchi di zeri. Gli ospiti fissi dei talk show e i commentatori dei quotidiani sembrano dei ghostbusters dei fantasmi del fascismo, di cui trovano cenni e tracce nelle parole e nella condotta della destra che ha vinto le elezioni senza dover ricorrere ai brogli, alle violenze e alle intimidazioni denunciate da Giacomo Matteotti nel discorso pronunciato alla Camera che – 100 anni or sono – gli costò la vita. Ai nuovi Catoni viene messo a disposizione anche il gioco di tre palle/un soldo, in quanto hanno modo di spernacchiare ad libitum un paio di opinionisti, avvocati d’ufficio un po’ masochisti di Giorgia Meloni.
I conti con il fascismo
Un protagonista eccelso del purismo antifascista è Tomaso Montanari il quale – in una delle comparsate più recenti nelle fumerie di oppio ideologico che frequenta abitualmente – ha sentenziato che l’Italia non ha mai fatto i conti fino in fondo con il fascismo. Ma quando era il momento di fare questi conti? E con chi? Nel settembre del 2022 o dopo il 25 luglio 1943? Con i caporioni del regime e i loro manutengoli o con chi ne coltiva la memoria 80 anni dopo? È vero: l’Italia non ha mai fatto i conti fino in fondo con questo pezzo di storia vissuta, perché avrebbe dovuto farli anche con l’antifascismo. Il regime non cadde in Italia a causa di una “rivolta sociale”, ma di una congiura di palazzo che vide protagonista quella monarchia che 20 anni prima aveva spalancato le porte del potere alla scampagnata su Roma e dintorni. In quel mese di ottobre del 1922, però, la sinistra “non aveva sentito arrivare” la Marcia su Roma. I socialisti massimalisti poche settimane prima avevano svolto un Congresso per espellere i riformisti e in quei giorni i loro dirigenti, antesignani di Maurizio Landini, si trovavano a Mosca all’Assise della III Internazionale.
Una ventina di anni dopo il re aveva fatto arrestare Mussolini, sfiduciato dal Gran Consiglio del fascismo, e aveva incaricato Pietro Badoglio di formare un nuovo governo. Ma chi era Badoglio? Il suo cursus honorum era costellato di massacri. In quanto governatore della Tripolitania italiana il 20 giugno 1930 Badoglio dispose la deportazione forzata della popolazione del Gebel: 100mila persone furono costrette a lasciare tutti i propri beni, portando con sé soltanto il bestiame per essere rinchiuse in 13 campi di concentramento nella regione centrale della Libia, dopo una marcia forzata di oltre 1.000 chilometri nel deserto a cui sopravvissero solo in 60mila. Pietro Badoglio, poi, da vincitore della guerra all’Etiopia, il 5 maggio 1936 entrava vittorioso in Addis Abeba. L’aviazione italiana, contravvenendo al Protocollo di Ginevra , utilizzò su larga scala il gas iprite per un totale di più di 1.000 bombe C-500. Ma, alla fine della Seconda guerra mondiale, nessuno convocò una “Norimberga”, quello storico processo nel quale meritava di essere – tra gli imputati – anche Benito Mussolini, magari per finire appeso per il collo in forza di una sentenza e non per i piedi a Piazzale Loreto, dopo un’esecuzione sommaria.
Anche un altro criminale di guerra, Rodolfo Graziani, comandante dell’esercito della Rsi, riuscì a morire nel suo letto. Nel 1945 l’Etiopia ne chiese l’estradizione – per crimini contro la popolazione civile – che venne rifiutata (non sappiamo se ci fu un tribunale che ritenne non sicuro quel paese). Condannato a 19 anni di reclusione, rimase in carcere solo 4 mesi; poi si rifugiò nella sua tenuta nell’Agro romano dove morì nel 1955 da presidente onorario del Msi. Ora gli è dedicato un Memoriale. Per non parlare dei pentiti e dei redenti che, già militanti dei Guf, furono accolti nel Pci di Palmiro Togliatti (il protagonista, nel 1944, della svolta di Salerno; poi delle leggi di amnistia, da ministro della Giustizia) e iniziarono a scrivere sui giornali di sinistra dopo aver ripudiato i saggi pubblicati su ‘’La difesa della razza’’.
© Riproduzione riservata