Nessuno come Matteo Salvini conosce il dono della chiarezza gestuale, quindi visiva. In grado di raggiungere l’uditorio, come se parlasse da uno sportello pubblico. Dinanzi all’intero personale politico professionale obliterato, giusto per mantenere un linguaggio da mezzi pubblici, dall’arrivo del “tecnico” Mario Draghi, ecco che subito si evidenzia su tutti il talento comunicativo di Matteo Salvini. Sia detto al di là del risultato politico che l’uomo possa raggiungere.

L’altra sera, proprio lui, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, La7, ha infatti progressivamente conquistato il mio sguardo, quasi come era già accaduto da bambino unicamente con le leggendarie Marionette di Praga. Un risultato straordinario in tempi di miseria espressiva, soprattutto se riferita al personale politico in bilico sul canotto della propria conclamata auto-incapacità. Ciò che di Matteo Salvini letteralmente conquista è il modo di esprimere i concetti politici primari esattamente con la gestualità, sì, con la sola forza delle mani. Si sappia infatti che il capo della Lega è magicamente pirotecnico con la prossemica: riassume concetti, indica spazi, luoghi, cassetti grazie al proprio teatro gestuale. Così facendo, più che a un “Capitano”, assomiglia a un convincente tributarista titolare di Caf rionale, il tuo salvatore. Altro che furerie e casermaggi, come invece vorrebbero raccontarlo quelli de “La Bestia”, la sua macchina propagandistica.

Colui che con la semplice forza visiva delle dita riuscirà a convincerti che non c’è ragione di provare angoscia rispetto all’avviso di pignoramento appena rinvenuto nella buca delle lettere. Ogni cenno di Salvini, in nome della chiarezza burocratica, riconduce agli avvisi postali del quotidiano. Anche senza nominarli direttamente, nel suo gesticolare su e giù, tra indice della vendetta, pollice dell’ottimismo, segno di ok, pollice verso del populismo sovranista e così via, intravedi, finalmente non più spettrali, i bollettini delle tasse. In quel suo parla-e-muoviti-come-mangi (e come paghi, soprattutto) in quel suo guarda-bene-le-mie-mani, c’è per intero ciò che manda in visibilio un elettorato fidente.

La stessa sera, Salvini davanti a Gruber incalzante eppure amichevole, è riuscito addirittura a surclassare con la sola forza degli indici l’epico racconto di Gigi Proietti che mostra avvocato e assistito alle prese con i timori di un’udienza – “Oh, ma qua te se ‘nculano! Qua se ‘nculamo noi” – trasfigurandosi nel citato prodigioso titolare di Caf rionale, pronto a metterti al corrente di quello che sarà lo scadenzario delle tasse, quando la prima rata, quando la seconda, quanto alla terza, da pagare metti a maggio, c’è tempo “…intanto lei mi lasci lavorare, che al resto penso io”.

S’intende, che tutto questo dono attoriale non servirà a nulla al momento di valutare il suo apparente primo lavoro, cioè quello di leader politico di una destra gagliarda, ma volete mettere l’apprezzamento dei clienti, proprio quelli già finiti nel bollettino dei protesti, che stazionano davanti al Punto Snai subito accanto?

Avatar photo

Fulvio Abbate è nato nel 1956 e vive a Roma. Scrittore, tra i suoi romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “Teledurruti” (2002), “Quando è la rivoluzione” (2008), “Intanto anche dicembre è passato” (2013), "La peste nuova" (2020). E ancora, tra l'altro, ha pubblicato, “Il ministro anarchico” (2004), “Sul conformismo di sinistra” (2005), “Roma vista controvento” (2015), “LOve. Discorso generale sull'amore” (2018), "Quando c'era Pasolini" (2022). Nel 2013 ha ricevuto il Premio della satira politica di Forte dei Marmi. Teledurruti è il suo canale su YouTube. Il suo profilo Twitter @fulvioabbate