Il corsivo
La passione di Gratteri e del trio-manetta Travaglio, Lillo e Barbacetto per le carceri

È una attrazione irresistibile quella di Nicola Gratteri per il carcere. Lui considera il carcere il dono più prezioso che ci è stato consegnato dalla modernità. Lo coltiva. E condivide questa sua passione coi ragazzi del Fatto Quotidiano, in particolare con loro tre, gli inseparabili: Travaglio, Lillo e Barbacetto. Articoli e distintivo. L’altro giorno i tre hanno dedicato una parte importante del Fatto Quotidiano alla loro battaglia preferita. Hanno scoperto, grazie a una lettera segreta di una dirigente del Dap (dipartimento penitenziario) ai direttori delle carceri, che i detenuti in regime di Alta Sicurezza soffrono troppo poco. Per ore vengono lasciati liberi per i corridoi e questo non è un bel modo per tenere la gente al carcere duro. Le celle allora a che servono? E a che serve mantenerle sovraffollate, in modo che il detenuto possa soffrire ben bene, se poi dei direttori di carcere mollaccioni gli aprono le porte per ore e ore e gli permettono di sgranchire le gambe nei corridoi? Dove sono finiti letto di pietra, pane ed acqua?
Marco Lillo (che dei tra inseparabili è sempre il meglio informato, spesso informato meglio dello stesso Gratteri) fa capire che la colpa di tutto è di quel poco di buono di Santi Consolo, ex magistrato che per quattro o cinque anni ha diretto il Dap, scelto – manco a dirlo – da quei libertini-libertari del centrosinistra, tipo il ministro Orlando, un debosciato che se non proviene da Lotta Continua poco ci manca. Consolo ha trasformato i reparti di Alta Sicurezza, dove vivono circa 10 mila detenuti, in centri estivi. Stabilito che tutto ciò è indecente, Barbacetto si è incaricato di andare a chiedere a Gratteri, il Procuratore di Catanzaro, cosa bisogna fare per porre fine a questa vergogna. E Gratteri – preso in contropiede – come al solito ha commesso un po’ di errori nelle risposte, perché le cose le sa ma non tutte bene. Ha cominciato col definire il 41 bis “carcere duro”. Vaglielo a spiegare che non si deve usare questo termine.
Lo usiamo noi garantisti, polemicamente, non lo devono usare i magistrati. Il carcere duro in Italia è proibito dalla Costituzione, articolo 27. Fior di magistrati e di politici e di giornalisti ci hanno messo la faccia nella campagna per sostenere che il 41 bis è solo una misura di sicurezza e non è carcere duro, poi arriva lui e rovina tutto. Dopodiché Gratteri ha spiegato qual è la sua soluzione per evitare il sovraffollamento nelle carceri. Voi sapete che se chiedi a qualunque giurista come si può evitare il sovraffollamento, lui vi risponderà o proponendo l’amnistia (una minoranza) o la depenalizzazione di molti reati, soprattutto di quelli che hanno portato in prigione decine di migliaia di ragazzi tossicodipendenti, o, infine, la scarcerazione anticipata di chi deve scontare ancora solo pochi mesi. Beh, queste soluzioni a Gratteri ovviamente non piacciono (e tanto meno al trio-manetta del Fatto). E lui propone allora di costruire quattro maxi carceri da 5000 letti ciascuno. Con ventimila posti nuovi, hai voglia ad arrestare! L’idea è quella di dare vita a vere e proprie cittadine-gattabuia. E Gratteri, per dare forza a questa tesi, spiega che in America, nel regno delle libertà, le carceri hanno migliaia e migliaia di posti, mentre da noi sono piccole piccole.
Ci sono un paio di osservazioni da fare – con gentilezza, in modo da evitare che Gratteri si offenda e ci quereli… La prima è questa: gli Stati Uniti non sono proprio un esempio di liberalità carceraria. In proporzione hanno quasi dieci volte più prigionieri dei paesi europei. In Occidente hanno il record inavvicinabile del forcaiolismo, da questo punto di vista, e superano persino parecchi paesi arabi. La seconda cosa è che questo carcere di New York del quale lui parla non è vero che ha 18mila posti ma ne ha circa 9 mila. Sempre molti, certo, ma perché un magistrato deve essere così impreciso? Se lo è pure nei processi – speriamo di no – stiamo freschi! Ma c’è un’altra questione che Gratteri non sa: a New York è stato approvato un piano per smantellare questo carcere-mostro e sostituirlo con quattro piccole prigioni da 900 posti ciascuna.
L’obiettivo è rendere le carceri più piccole e quindi più umane e di ridurre drasticamente il numero dei detenuti. Si è arrivati a questa decisione, e la città di New York ha stanziato 7 miliardi per realizzarla, dopo grandi battaglie da parte dei movimenti dei diritti civili. È bello discutere dei problemi carcerari senza saperne molto. Purtroppo queste discussioni non restano platoniche, ma ci va di mezzo un sacco di gente. I detenuti. È così: nella magistratura c’è una minoranza assai combattiva che è felice solo se può essere aumentato il numero dei detenuti e peggiorata la loro condizione di vita. Anche nel giornalismo è così. Da che dipende? È una lunga storia, che probabilmente ha parecchio a che fare anche con le condizioni nelle quali molte persone hanno vissuto l’infanzia…
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