Woke corner
La retorica dei vincenti
La piena crisi della retorica dell’ascesa: anche Renzi ne paga il prezzo
I risultati delle elezioni europee confermano quanto sostiene da tempo il Prof. Michael Sandel dell’Università di Harvard. La “retorica dell’ascesa” è in piena crisi. Nata come giustificazione alle ingiustizie della globalizzazione, la retorica dell’ascesa si basa su questo presupposto: se tutti hanno le stesse opportunità, chi emergerà grazie al proprio talento e impegno se lo sarà meritato (se non ci riuscirà sarà soltanto colpa sua). Tutti gli ultimi cinquant’anni sono stati costruiti sulla retorica dell’ascesa. Abbiamo detto e ripetuto alle persone che potevano diventare quello che volevano, l’importante era coltivare con impegno il proprio talento.
Moltissimi ci hanno creduto e oggi raccogliamo i cocci di questa promessa non mantenuta. Il Prof. Sandel si spinge oltre e identifica le radici del populismo nel tradimento di questa aspettativa e nel contraccolpo alle discriminazioni e umiliazioni che avvengono sotto la bandiera della promessa meritocratica dell’ascesa sociale. Per lui, gli effetti più evidenti sono la Brexit o le penultime elezioni americane. Hillary Clinton stava con i vincenti e la loro (odiosa) retorica, Trump con gli sconfitti. Basta guardare le “mappe” del voto per notare subito una forte contrapposizione tra i territori che presentano maggiori opportunità (le metropoli) e quelli con minori opportunità (le aree rurali o in contrazione economica). Londra ai tempi della Brexit, ma anche Parigi per le elezioni europee, hanno comportamenti elettorali completamente diversi dal resto del paese. Metropoli che hanno perso la leadership culturale sulla provincia e la connessione emotiva con il resto del paese.
La responsabilità delle fake news
Nelle ZTL si continua a credere alla retorica dell’ascesa e al merito. Fuori dalle ZTL non più e cresce la disillusione. L’errore più grande commesso dai sostenitori della retorica dell’ascesa è stato quello di bollare come “populiste” le posizioni alternative, senza mai sforzarsi di comprenderne le istanze. Indubbiamente, le fake news hanno avuto la loro responsabilità, ma limitarsi a etichettarne le vittime come dei creduloni, senza interrogarsi su quali fossero le ragioni e le emozioni che le portavano ad attecchire è stato un ulteriore sbaglio. Forse anche Renzi ha pagato il prezzo di aver sostenuto la retorica dell’ascesa e non aver colto che gli attacchi, basati su fake news, al suo governo, fossero la reazione emotiva a quella retorica. Erano i primi segnali che gli “sconfitti” iniziavano a chiedere un nuovo paradigma.
La generazione tradita
La Generazione X (tra i 44 e i 59 anni) è quella che si sente più tradita e sceglie, nell’urna, chi non li colpevolizza ma che punta il dito sugli aspetti di contesto, liberandoli dal peso (forse eccessivo) delle responsabilità. Cresciuti guardando alla Tv “Giochi senza frontiere” e sognando d’estate un viaggio Interrail, hanno collezionato titoli e master da scrivere su Cv inviati a centinaia di e-mail senza mai ricevere una risposta. Sono la generazione tradita perché confrontandosi con i propri genitori si accorgono di stare peggio e di avere meno, nonostante si siano impegnati decisamente di più. La retorica dei vincenti piace solo a chi ha vinto nella vita e allontana tutti gli altri (che sono evidentemente la maggioranza). Probabilmente, alle prossime elezioni vincerà solo chi saprà intercettare le emozioni e le ragioni degli sconfitti.
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