Mai come oggi è tornata attuale una poesia di Trilussa sul saluto romano. Scritta in epoca fascista, rende l’idea con la sua classica ironia cosa succede quando dittature di stampo fascista prendono il sopravvento e i livelli umani e sociali fanno sospettare di chiunque. Una riflessione più che mai attuale ai tempi del Coronavirus.

Quela de da’ la mano a chissesia
nun è certo un’usanza troppo bella:
te po succede ch’hai da strigne quella
d’un ladro, d’un ruffiano o d’una spia.

Deppiù la mano, asciutta o sudarella,
quanno ha toccato quarche porcheria,
contiè er bacillo d’una malatia
che t’entra in bocca e va nelle budella.

Invece, a salutà romanamente,
ce se guadagna un tanto co’ l’iggene
eppoi nun c’è pericolo de gnente.

Perché la mossa te viè a dì in sostanza:
– Semo amiconi… se volemo bene…
ma restamo a una debbita distanza.