La crisi del gas, la resa della politica e una guerra cronicizzata. Il Riformista ne discute con uno dei più autorevoli analisti italiani di politica estera: il professor Stefano Silvestri, già presidente dello Iai (Istituto Affari Internazionali) di cui oggi è consigliere scientifico, e direttore editoriale di Affari Internazionali.

I partiti e la crisi del gas: “Troppo complicata per noi…Meglio se ne occupi Draghi”. Così titola questo giornale. Il Riformista ha esagerato?
Assolutamente no. È impressionante la mancanza assoluta di prospettive strategiche di questi politici. Nel momento in cui è in atto un tentativo di molti leader europei, da Macron a Sanchez a Scholz solo per citarne i più vista, di tracciare una prospettiva di lungo periodo, tra l’altro multilaterale per l’Europa, la politica italiana gioca a fare quelli che aspettano cosa decidono i grandi per poi dire: vabbè noi non ci stiamo. Dobbiamo stare a casa a mezzanotte? Allora diciamo a mezzanotte e mezzo. Ricordo che Draghi, da persona seria qual è, ha già fatto delle proposte importanti, come il price cap, il tetto del prezzo del gas. I politici vorrebbero apparire più responsabili perché dicono non ne parliamo in campagna elettorale per non falsare la situazione. Ma questo è allucinante.

Perché allucinante?
Perché vuol dire che tutto il dibattito in campagna elettorale lo dobbiamo completamente ignorare perché è fatto semplicemente per far impressione agli elettori e non è fatto per dire ciò che vogliono fare. Quello che vogliono fare o non lo sanno o è diverso da ciò che propinano ai cittadini elettori per catturarne il consenso. C’è da restare quanto meno perplessi se non basiti.

Soprattutto se si tiene conto che queste elezioni avvengono mentre in Europa si continua a combattere.
Altra cosa allucinante. E poi diciamocela tutta. Queste elezioni sono state volute anticipate da chi adesso ci dice che non ha programmi. E allora perché le hanno volute? Non potevano aspettare sei mesi? È una classe politica largamente irresponsabile. Non tutta, ci sono anche elementi responsabili ma sono l’eccezione. Perché la regola è dei dilettanti allo sbaraglio. Solo che a “sbaragliare” è l’Italia. Una situazione deprimente. Non parliamo poi dei riferimenti culturali. L’ultimo riferimento “culturale” della Meloni è l’ideologo del conservatorismo britannico attuale, uno che disprezza totalmente gli italiani, un ultra nazionalista. Forse non l’avrà mai letto. Parole in libertà. Ma poi andrebbe subito fatta un’aggiunta qualificativa sostanziale.

Quale, professor Silvestri?
“Vigilata”. Dovremmo ricordarci che siamo in libertà vigilata. Perché siamo fortemente vigilati sia dagli alleati della NATO sia dagli alleati europei che ci danno i soldi. E sono prontissimi a toglierci la suddetta libertà.

A proposito di parole in libertà in politica estera. Quando sente parlare di blocco navale sulle coste libiche, lei come reagisce?
Per usare un francesismo, che sono tutti scemi. Tra l’altro la Libia è uno dei pochi posti dove c’è un minimo di controllo, visto che noi italiani gestiamo, almeno in parte, la Guardia costiera libica. Il problema della Libia è come gestiscono loro i migranti, persone che fuggono da situazioni terrificanti. Come li trattano in Libia. È su questo che dovrebbe esserci una seria iniziativa europea. Peraltro il grosso della pressione arriva dal Mediterraneo orientale, dove abbiamo la doppia combinazione turco-russa a cui non possiamo fare un blocco navale.

Un tempo si diceva che un Paese che ha rispetto di se stesso dovrebbe avere particolare cura della sua politica estera. L’Italia non si rispetta?
Io credo che noi ci siamo disabituati, in circa settant’anni, all’idea di avere una politica estera. L’abbiamo avuta, abbiamo fatto politica estera. E molta della quale era di cabotaggio. Abbiamo operato ai margini delle grandi scelte che erano prese durante la Guerra fredda e poi dopo non abbiamo fatto grandi cose. Abbiamo cercato di andare d’accordo un po’ con tutti, facendo del “cerchiobottismo” la cifra del nostro agire in politica estera. E quel poco o tanto che si è fatto è andato via via smarrendosi fino a scomparire. Nel Mediterraneo c’erano delle iniziative filopalestinesi. Chi si occupa dei palestinesi oggi? Non sappiamo neanche se siamo filopalestinesi, filoisraeliani, o filo arabi, filoturchi, filoiraniani o filoche… C’è una politica dell’ENI, come al solito e giustamente, ma poi il vuoto. A un certo punto eravamo alleati della Turchia. Ora che siamo? Non siamo alleati, per restare al Mediterraneo, né con la Turchia né con la Grecia. E nei Balcani che vogliamo fare? Eppure nei Balcani siamo presenti, pensiamo al Kosovo. Siamo in Libano. Sembrerò un po’ duro, bacchettone, ma come si dice a Roma quando ce vo’ ce vo’. E visto che ci siamo mi lasci aggiungere un’altra considerazione…

Prego, professor Silvestri.
I politici non parlano di politica estera e poi mettono in lista un tecnico che magari potrebbero fare ministro degli Esteri. Ma che vuol dire! Il Ministro degli Esteri non è un fatto tecnico. È un fatto politico. Non è che deve essere un ambasciatore perché parla bene le lingue.

In conclusione vorrei che tornassimo sulla crisi del gas. Andiamo incontro al “grande freddo”?
Il vero problema del gas, a mio avviso, non è quello spicciolo dell’inverno al freddo ma è l’impatto sulla crescita economica. Una delle ragioni per cui il costo del gas è oggi così alto è che la Germania sta cercando di riempire tutti i suoi depositi. Il problema non è tanto il riscaldamento delle case quanto il consumo di energia industriale. Il punto è quale impatto la crisi del gas avrà sulla Germania e sui Paesi dell’Est che dipendono molto dalle forniture russe. Se ci sarà un forte impatto sulla Germania, esso finirà inevitabilmente per avere pesanti ricadute anche su di noi. Quello che occorre evitare è che la spinta inflazionistica si accompagni a una crisi recessiva. Sarebbe la tempesta perfetta. Non possiamo nemmeno consentire che l’euro scenda troppo finendo così per creare un problema non solo per ciò che concerne gli approvvigionamenti di materie prime ma anche nei nostri rapporti con gli Stati Uniti. Chi si candida a governare l’Italia è attrezzato per far fronte a tutto questo? Ne dubito fortemente, purtroppo.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.