"In 210mila ‘persuasi’ a tornare in patria"
La polizia cinese controlla i dissidenti anche in Italia, trovate 11 stazioni ‘mascherate’ da uffici
All’apparenza anonimi uffici nati per svolgere pratiche burocratiche per i cinesi residenti all’estero, in realtà stazioni di controllo dei dissidenti. Sarebbero 102 in decine di Paesi in tutto il mondo, 11 di queste su suolo italiano, secondo l’ultimo rapporto di Safeguard Defenders, un’associazione non governativa con base a Madrid che da anni studia il problema della repressione cinese e denuncia l’indifferenza degli stati coinvolti. Per la Ong spagnola di difensori dei diritti civili sarebbero in realtà state istituite “per molestare, minacciare, intimidire e costringere cinesi emigrati, specie quelli considerati dissidenti, a tornare in Cina per essere perseguitati”.
Il report reso noto ieri aggiunge altri 48 paesi ai 54 già resi noti nel settembre scorso, e rileva che solo in 12 di questi, tra i quali il Canada, l’Irlanda, la Germania, l’Olanda e la Spagna sono state avviate indagini. Secondo il ministero degli Esteri di Pechino, le stazioni sarebbero state aperte per fronteggiare i problemi nati dal Covid, con molte persone bloccate all’estero dal virus e non più in grado di rinnovare i documenti. “Safeguard Defenders” sostiene però che il Covid è stata soltanto una banale scusa per aumentarne il numero di uffici, visto che decine di stazioni esistevano già dal 2016, e le prime sono state aperte proprio in Italia.
Laura Harth, dirigente del gruppo, sostiene che gli stessi dati forniti dal governo cinese mostrano che in un solo anno 210mila persone sono state ‘persuase’ a tornare in patria: “Quello che verifichiamo – aggiunge – è un aumento dei tentativi di reprimere il dissenso ovunque nel mondo, di minacciare le persone e assicurarsi che abbiano abbastanza paura da rimanere in silenzio, se non vogliono rischiare di essere rimandate in Cina contro la loro volontà”.
L’associazione denuncia che in molti Paesi “la polizia locale collabora con gli agenti cinesi e in città come Zagabria e Belgrado si effettuano addirittura pattugliamenti congiunti. In Sud Africa un accordo bilaterale di sicurezza ha permesso l’istituzione di Centri di servizi cinesi d’oltremare”. Sempre secondo Safeguard Defenders, sono “paraventi illegali dietro ai quali si nascondono palesi violazioni dei trattati di estradizione e che servono al regime di Xi Jinping a reprimere il dissenso anche fra gli espatriati. Le due parole d’ordine delle nuove unità sarebbero pattuglia e persuadi”, attività che tradotta significa scovare i dissidenti e convincerli a rimpatriare.
I cittadini cinesi in Italia sono più di 330mila, e sono numerosi i casi di persone sparite improvvisamente nel nulla. All’interno dell rapporto reso noto ieri a Madrid sono presenti molte pagine dedicate al nostro paese e anche un paio di foto, una delle quali ritrae due carabinieri che pattugliano insieme ad agenti cinesi in divisa un’area archeologica di Roma, nell’altra pubblicata dall’agenzia Xinhua, è visibile una stazione cinese inaugurata alla presenza di un ufficiale di polizia italiano.
L’Italia sarebbe stata terra di uno dei primi esperimenti di uffici di polizia cinesi all’estero gestiti dalla giurisdizione di Wenshou, che ha mandato i propri poliziotti a Milano sulla base di un accordo che, come assicura Pechino, non nascondeva nessun secondo fine anche se qualche dubbio, alla luce del report di Safeguard Defenders, lo lascia.
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