Gli strfalcioni
La prepotenza dell’analfabetismo del premier Giuseppe Conte

Non riporto la frase perché mi vergogno. (Lo facciamo noi, questa è la frase pronunciata dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: «Non possiamo tollerare che ARRIVANO dei migranti addirittura positvi e VADINO in giro liberamente» n.d.r.).
Un presidente del Consiglio che parla in questo modo, che non prova nemmeno a raffrenare la prepotenza del proprio analfabetismo e vi si abbandona senza intromettere nel corteo di strafalcioni che gli sgorga di bocca almeno una pausa, una parentesi entro cui concedere un “chiedo scusa”, un “ops”, anche solo un colpo di tosse, insulta troppo gravemente la pubblica decenza: è pietoso, dunque, non trascrivere quel che ha detto l’avvocato professor (Iddio santissimo) Giuseppe Conte a proposito di immigrazione e Covid.
Ma se, appunto per pudore, è meglio lasciar perdere “come” si è espresso sulla questione, doveroso è invece occuparsi di che cosa ne ha detto. Arrivano dei migranti, ha spiegato. Addirittura positivi, ha aggiunto, essi se ne vanno in giro liberamente: non possiamo tollerarlo, conclude.
Due osservazioni. E la prima è una domanda: non possono andarsene in giro liberamente perché sono migranti o perché sono positivi? Prova a rimaneggiare la mappa e vedi come suona: “Arrivano tutti questi finlandesi, questi svizzeri, questi tedeschi – addirittura positivi! – e vuoi che li lasciamo girare?”. Suona male, no? O fai che la dica un capo di governo estero: “Tutti questi italiani! Pure positivi! Vogliamo lasciarli gironzolare?”. Suona anche peggio, vero?
C’è da star sicuri che se fossero alti e biondi saremmo semmai attenti al loro potenziale infettivo: non al fatto che sulla carta di identità c’è scritto che sono nati a Turku, Berna e Amburgo. Invece, “migranti”: che se non è un altro modo per dire negri gli assomiglia parecchio, e allude a uno stato infettivo per così dire connaturato. Tanto più meritevole di sottolineatura se si tratta di far concorrenza al capo della Lega, che si mangia le mani da quando è stato estromesso dalla cabina di comando delle politiche razziali e assiste disperato alla valentìa discriminatoria della nuova maggioranza.
La seconda osservazione è un’altra domanda: la malattia di quello che ti chiede ricovero che cos’è, un motivo in più per prendertene cura o una ragione sufficiente per cacciarlo in un lager? O per ributtarlo in mare, che si fa prima e non manda puzza? Perché da far trasecolare è proprio questo: che l’eventuale malattia dovrebbe costituire una ragione di privilegio nelle procedure dell’accoglienza, il motivo urgente di una cura supplementare, e invece è una causa aggiuntiva di discriminazione. La realtà di questa cultura riesce a essere peggiore dell’analfabetismo con cui si esprime. E ce ne vuole.
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