Scene che non si vedevano da anni. La Cina e il regime di Xi Jinping fanno i conti con la rabbia e le proteste dei cittadini stanchi dei lockdown imposti dalla strategia “Covid Zero”, con cui il governo centrale restrizioni di stampo draconiano e test di massa per limitare i focolai.

A quasi tre anni dallo scoppiare della pandemia del virus Sars-Cov-2 le autorità comuniste di Pechino non ha infatti mollato la presa sui lockdown: mentre nel resto del mondo occidentale da tempo ormai le misure di contenimento del Covid-19 si sono allentate, grazie anche all’ampia campagna di vaccinazione messa in campo dai vari governi, in Cina resta il pugno duro di fronte ai contagi.

Contagi che sono in allarmante risalita: lunedì scorso i nuovi positivi erano stati 40mila, il numero più alto da quando alla fine del 2019 si cominciò a fare test. Un numero infinitesimale, se rapportato alla popolazione cinese di 1,4 miliardi di persone, ma così la strategia “Covid Zero” imposta dal regime non può essere raggiunta.

Lo scorso 11 novembre il Politburo presieduto da Xi Jinping aveva annunciato un ammorbidimento delle restrizioni sanitarie per “ottimizzare l’impatto sull’economia e la vita della popolazione”, ma di fronte all’aumentare dei contagi la scelta è stata quella di ristabilire il pugno di ferro col mix lockdown e screening di massa, che dopo oltre due anni hanno spinto i cittadini alle proteste.

Il “là” lo ha dato la morte venerdì scorso di almeno dieci persone a Urumqi, nello Xinjiang, per un incendio in un edificio da cui si ritiene molte persone non siano riuscite a scappare proprio a causa delle restrizioni contro il coronavirus.

Nei giorni successivi le proteste si sono estese in più parti del Paese: il fine settimana appena trascorso ha visto cortei, veglie notturne e assembramenti in varie città come Pechino, Nanchino, Chengdu, Wuhan e in particolare Shangai.

Qui i manifestanti sono scesi in strada sventolando fogli bianchi, colore che in Cina rappresenta il lutto ma che è diventato anche il simbolo della censura, con cori intonati contro Xi Jinping e il Partito Comunista. “Dimissioni”, sono state le ‘parole d’ordine’ scandite dai cittadini che hanno manifestato in Wulumuqi Road prima di venire caricati dalla polizia, con scontri e arresti.

Proteste che hanno visto anche l’arresto del giornalista della Bbc Edward Lawrence perché stava filmando una protesta in piazza contro la politica zero Covid del Paese. “La Bbc è estremamente preoccupata per il trattamento riservato al nostro giornalista Ed Lawrence, che è stato arrestato e ammanettato”, ha dichiarato l’emittente in un comunicato. Lawrence è stato poi rilasciato dopo esser stato trattenuto per diverse ore: “Non abbiamo ricevuto alcuna spiegazione ufficiale o scuse da parte delle autorità cinesi, al di là dell’affermazione dei funzionari che lo hanno poi rilasciato di averlo arrestato per il suo bene, nel caso in cui si fosse contagiato in mezzo alla folla”, ha aggiunto l’emittente britannica.

In Cina i cittadini sono stanchi e furiosi per i lockdown, col timore del regime che riguarda in particolare possibile rivolte nei campus universitari.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia