Nel Sì&No del giorno, spazio al dibattito sulla cancellazione del programma “Insider”, di Roberto Saviano, dai palinsesti Rai. Abbiamo chiesto un parere a due giornalisti: Mario Lavia, che è contrario, ed Hoara Borselli, che è favorevole.

Qui di seguito il parere di Mario Lavia.

Si può non essere d’accordo con le sue idee, può risultare urticante o presuntuoso o antipatico, ma si alzi in piedi chi possa ragionevolmente sostenere che Roberto Saviano non sia uno dei più fini conoscitori dei vari fenomeni della criminalità in questo Paese. Dunque che l’autore di “Gomorra” possa mettere a disposizione di milioni di telespettatori le sue conoscenze non è altro che un alto servizio civile fornito dalla Rai, e d’altronde deve essere stata esattamente questa la valutazione che indusse viale Mazzini – ma guarda caso l’anno scorso – a realizzare “Insider”, quattro puntate condotte da Saviano (memorabile la prima nella quale incontrò Anna Carrino, la moglie di Francesco Bidognetti, il camorrista che ha segnato la vita del narratore-giornalista costringendolo a vivere da sedici anni sotto scorta).

È (era) un format semplice ma di forte impatto basato sul racconto, con materiali giornalistici e il “faccia a faccia con il crimine”, come diceva il sottotitolo. Una formula, si parva licet, “zavoliana” o, lo diciamo qui con una inevitabile punta di tristezza, “purgatoriana”. Saviano si era posto su quella scia. Ha spiegato una quantità di cose interessanti che non si sanno. Ci sarebbe pertanto piaciuto molto vedere le nuove quattro puntate già registrate di “Insider” ma non potremo farlo perché il nuovo management della Rai ha improvvisamente deciso di non mandarle in onda. Decisione di merito? Il programma non convince? Macché.

È una punizione politica. Una fatwa richiesta da precisi esponenti della maggioranza di governo dopo le reiterate e peraltro discutibili frasi di Saviano contro Matteo Salvini definito “il ministro della Mala Vita”, antica espressione usata da Gaetano Salvemini contro Giovanni Giolitti. Tra i due c’è una vicenda penale in corso e i giudici decideranno chi ha ragione, se cioè si è di fronte a una diffamazione o ad una manifestazione per quanto ruvida del pensiero. Saviano non è mai stato tenero con nessuno, meno che mai con la destra: “Bastardi” disse a Meloni e Salvini nel 2020 eppure due anni dopo “Insider” andò in onda lo stesso. Invece stavolta no. Indovinate cos’è cambiato? Che Meloni e Salvini sono alla guida del Paese. E della Rai. Le opinioni politiche di Saviano interessano fino a un certo punto, più o meno come quelle di chiunque altro, di lui piuttosto intriga la conoscenza specifica dei fenomeni di mafia, camorra e criminalità organizzata di vario tipo, colpisce la capacità di mettere in relazione fatti diversi e lontani, di guardare in faccia realtà troppo spesso dimenticate, rimosse, ignorate. Di questo parla (parlerebbe) nella sua trasmissione, non di Salvini. È (sarebbe) servizio pubblico.

Ma qual è il problema? Di cosa hanno paura? Qualcuno ha spiegato che lo stop allo scrittore napoletano sarebbe una ritorsione per la cancellazione del programma di Filippo Facci decisa in seguito ad un’orrenda frase contenuta in un suo articolo. A parte che è incredibile che si annullino contratti sulla base di una frase, ma poi – questo ci pare il punto – adesso oltre alla fatwa c’è anche la faida (d’altronde la radice semantica è la stessa), per cui alla censura di un giornalista di destra segue quella di uno di sinistra e così via. Ovvio che in questa rissa da saloon chi ci rimette è il pubblico. E anche l’erario, visto che la Rai ha buttato i soldi di quattro puntate già registrate e presumibilmente dovrà pure pagare una bella penale. Trasportare la rissa politica nei palinsesti più che un errore è un delitto.

Mario Lavia

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