Uno dei principali effetti della pandemia è stato il notevole aumento dei tempi di attesa per l’accesso a prestazioni specialistiche, tempi che già precedentemente alla crisi erano fuori controllo su scala nazionale. Quello che sta avvenendo in Campania, però, risulta ancora più impattante sulla salute dei cittadini, soprattutto se affetti patologie croniche. Ripercorrendo sinteticamente quanto posto in essere dalla Regione a partire dalla delibera 354/2021, passando per la delibera 599/2021 e arrivando alla 210/2022, ci sembra che le criticità presentate da questa associazione non trovino risposta alcuna.
Cittadinanzattiva si è battuta per una definizione di fabbisogno prestazionale adeguato alle esigenze di salute dei cittadini che non tenesse conto esclusivamente di quanto erogato, ma che si basasse anche sul volume delle prescrizioni, per recuperare quella quota di prestazioni specialistiche che non rientrano mai nel computo del fabbisogno perché effettuate privatamente (chi non vuole aspettare i tempi lunghi del e può permettersi la spesa, si rivolge a strutture private “out of pocket”) o, peggio ancora, oggetto di rinuncia da parte di coloro che per limiti reddituali non hanno la possibilità di provvedere autonomamente. Dopo due anni di battaglie finalmente possiamo dichiararci soddisfatti perché la Regione Campania ha recuperato quel gap da noi individuato in circa 12 milioni di prestazioni mancanti, dato confermato poi nelle delibere citate. Quello che oggi ci preoccupa maggiormente è, però, il modello introdotto con la delibera 210/22 che definisce i volumi prestazionali da affidare al comparto pubblico e che passano dai circa 9.7 milioni del 2018 (anno di migliore performance) alla previsione di 27 milioni di prestazioni da erogarsi nel 2022 e nel 2023.
Pur riconoscendo la necessità di riequilibrare il rapporto tra l’offerta pubblica e l’offerta dell’accreditato, riteniamo che la delibera sia particolarmente carente perché non definisce dove, come e quando le strutture pubbliche debbano erogare i 18 milioni di prestazioni aggiuntive attribuitegli. Come è possibile pubblicare una delibera con i volumi prestazionali attribuiti ad ogni singola Asl senza avere a disposizione i P.O.A: (Piani operativi aziendali), ovvero le previsioni della capacità di ogni singola struttura di rispondere alle esigenze di salute dei cittadini? E come è possibile aumentare di 18 milioni di prestazioni l’offerta di erogazione pubblica senza un investimento in personale, attrezzature, strutture? Quali garanzie il sistema ha introdotto per raggiungere l’obiettivo preposto e dare effettivo riscontro alle richieste dei cittadini? Quali investimenti sono previsti, in che tempi e secondo quali modalità?
Pur condividendo il piano generale di intervento e la necessità di arrivare alla definizione di un CUP regionale integrato, in grado di gestire centralmente tutte le liste di prenotazioni delle prestazioni specialistiche e riconoscendo alla Regione Campania una visione positiva nel lungo periodo, non possiamo non sottolineare che questa visione è di là dall’essere realmente concreta e che, nelle migliori previsioni, ci vorranno almeno due anni per arrivare ad un sistema efficiente ed efficace. Nel frattempo registriamo centinaia di segnalazioni da parte di cittadini, prevalentemente cronici, che non hanno risposte alle proprie domande e non riescono ad accedere agli esami e alle prestazioni necessarie per la cura delle patologie dalle quali sono effetti. Quali effetti avranno questi ritardi sulla salute collettiva della popolazione e sulla sostenibilità dell’intero Sistema? Crediamo sia necessario un intervento ponte che dia piena attuazione al punto 14 del Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa (PNGLA) e che garantisca ai cittadini, attraverso la gestione del C.U.P., l’accesso alle cure anche in regime privato, laddove non sia possibile farlo con prestazione ordinaria, intramoenia o in accreditato, a totale carico della Asl di residenza.