Diritti e uguaglianza
La ricchezza della diversità: impariamo a urlare per i diritti di tutti
La libertà è un bene per tutti: il nostro primo compito, dunque, è imparare a guardarci dentro, a non giudicare l’altro e a combattere per i diritti di tutti. I primi passi verso una scoperta essenziale: siamo proprio tutti uguali
Una meravigliosa frase evangelica esordiva cosi: “Io guardo al cuore”. Una affermazione tanto meravigliosa quanto incompresa. Un’altra bellissima immagine è l’opera di un bravissimo fotografo italiano che aveva rappresentato tre cuori (assolutamente uguali) ma che indicavano con una scritta la provenienza di quel organo da persone di diverso colore della pelle.
Una vecchia barzelletta diceva: “Dio disse all’uomo e alla donna – crescete e moltiplicatevi – e subito preti e suore iniziarono a disobbedire. Barzellette a parte siamo ancora qui a dover discutere di diritti, di differenze, a volte più evolute, grazie ad alcuni passi come le unioni civili altri più nascosti forse perché sgradevoli al pensiero o lontane da noi.
Non mi sono mai vergognato ad ammettere la fatica della scelta del celibato. Lo dico senza vergogna e con una certa naturalezza.
Una bella donna o un bell’uomo a seconda delle inclinazioni di ciascuno possono essere assolutamente una lode al creato! Mi sono invece sempre posto una grossa domanda partendo dalla mia personale riflessione: ma se faccio fatica io a gestire le pulsioni più naturali, nonostante lo abbia scelto, come si può pensare che sia così semplice per una persona magari con disabilità grave?
Credo che questa riflessione non sia nulla di rivoluzionario ma una semplice deduzione più che naturale. La stranezza, al massimo, è stato non curarci di tutto questo; nel mio mondo vivendo in istituti dove gli ospiti erano asessuati almeno nella gestione e strutturazione della loro giornata; o il silenzio doloroso di famiglie che nel segreto e nella vergogna si trovavano magari a dover risolvere tale questione.
Un tema delicato al quale non ho risposte risolutive ma posso e possiamo esserne un amplificatore che non smette di ricordarcelo. I tempi corrono, pandemie, crisi e quant’altro ci pongono sempre nuove sfide ma non dobbiamo dimenticare passi di civiltà per tutti e dunque anche per le persone che vivono questo problema. L’assistente sessuale (inteso come facilitatore, come accompagnamento e non come la vulgata ha cercato di indicare come prostituzione legalizzata) è una figura che ogni tanto torna e poi scompare, come detto per altre mille emergenze, altre volte per non toccare poteri tradizionali che fanno ancora sentire il loro peso nella programmazione politica seppur dichiarandosene neutri.
Anche questo però è un segnale di una società civile e aperta a tutti, fornire gli strumenti non certamente per risolvere ma almeno per aiutare a tirare fuori un problema che finché rimane sotto il tappeto non solo resta lì, ma lascia sempre più nella solitudine, nell’abbandono e nella conseguente rabbia le persone che lo vivono.
Quando abbiamo iniziato a parlare della realtà omosessuale tante sono state le persone che hanno sofferto, tante e inammissibili le reazioni di esclusione e omofobia, tante sono ancora oggi ma per fortuna se ne è parlato, le persone iniziano a sentirsi meno sole e il paese inizia a cambiare! “Chi sono io per giudicare?” Dice Papa Francesco parlando delle persone omosessuali, che bello ma apriamo questa frase perché – con tutto il rispetto per papa Francesco – la disse prima di tutto Gesù e allora, non giudichiamo le persone omosessuali, non giudichiamo inesistenti le pulsioni di persone con disabilità grave.
Impariamo a urlare per i diritti di tutti, non solo di alcuni settori questo per conseguenza è il primo dovere di ognuno, perché la libertà è un bene se è di tutti! Impariamo a guardarci tutti dentro il cuore. Guarda, guarda scopriremo che… sono proprio tutti uguali.
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