Parte della magistratura in rivolta
La riforma del Csm è una messa in scena: serve a rafforzare le correnti
Se c’è una cosa peggiore dell’immobilismo è far finta di cambiare. E la riforma dell’ordinamento giudiziario proposta dal Governo è una messa in scena. Per giunta grottesca, perché smentisce tutti i propositi che ne sono alla base. Quali erano i temi nevralgici da affrontare? La politicizzazione dei magistrati favorita dal “correntismo”, dal momento che la loro carriera è nelle mani di un Csm composto da magistrati appartenenti a ben precisi schieramenti partitici, sebbene le chiamino “correnti”.
Il carrierismo esasperato che agita troppe toghe, anche le più giovani dopo che era stato accantonato il criterio dell’anzianità come guida per la selezione degli incarichi più ambiti. La mancanza di imparzialità ed indipendenza (anche solo apparente) data da incarichi – spesso lautamente compensati – elargiti dalla politica non senza il legittimo sospetto che ciò avvenga per rabbonire i gruppi del potere togato. Ora, alla luce del disegno governativo reso finalmente pubblico dopo un parto tanto travagliato quanto infertile, si può serenamente sfidare chiunque ad argomentare come quelle proposte risolvano anche uno soltanto di quei problemi. Si lasciano le candidature per il Csm nelle mani delle correnti, che quindi continueranno ad occupare l’istituzione della quale fanno un uso di parte, con sbandierato e blasfemo orgoglio. Continueranno a far carriera i magistrati più inclini all’esser di parte, fedeli al gruppo di appartenenza, restando quello dell’anzianità un criterio agevolmente emarginabile.
Continueranno ad essere offerti alla toga accondiscendente accattivanti incarichi sotto le mentite spoglie della collaborazione di carattere amministrativo, distogliendola dalle aule di giustizia alle quali tornerà, subito dopo l’affiancamento al politico, con un incarico da procuratore della Repubblica conferito, senza batter ciglio, da un Csm genuflesso ai potenti, sempre capaci di blandire anche i consiglieri superiori con ricompense che magari scattano appena dopo il pensionamento. Va ammesso, a Cesare quel che è di Cesare: salvo che si tratti di incarichi da capo o vicecapo di gabinetto di un Ministro, ruoli che, si può scommettere, saranno evitati come la peste dagli ambiziosi.
Un nulla di fatto, né di tentato, insomma. Ma si poteva fare, volendolo.
Si poteva introdurre il sorteggio temperato per individuare i candidati al Csm che poi sarebbero stati votati con pieno rispetto della Costituzione e con insulto, meritatissimo, al solo sistema correntizio. Si poteva prevedere la temporaneità effettiva degli incarichi direttivi mediante la rotazione tra tutti i magistrati idonei alla funzione.
Si poteva stabilire che il magistrato debba vivere solo del suo stipendio e, se chiamato presso un qualsiasi Ministero o altro incarico del sottobosco politico/burocratico, introdurre il rigoroso divieto di gratifiche ulteriori, neppure a titolo di rimborso delle spese, come del resto avviene quando un magistrato si trasferisce a sua domanda. Si poteva fare, ma non lo si è voluto. Almeno non si usi la Costituzione come alibi, non in suo nome. Il “sistema” prosegue.
Andrea Reale, Giuliano Castiglia, Andrea Mirenda, Nicola Saracino, Massimo Vaccari, Stefania di Rienzo, Felice Lima
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