È attesa oggi in Consiglio dei ministri la tanto attesa riforma della Giustizia targata Carlo Nordio. Si tratta di otto articoli, presentati ieri nel Preconsiglio dei ministri, che modificano le regole sulla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, mettono dei paletti all’appello delle sentenze in caso di assoluzione, abrogano il reato di abuso d’ufficio e introducono correttivi a quello di traffico di influenze, cambiano la competenza per le misure cautelari.

La riforma, che prevede anche un ampliamento della pianta organica dei magistrati, come sottolineato da Nordio è di stampo “liberale” e “garantista”. E infatti le prime critiche sono arrivate dall’Associazione nazionale magistrati e dai vari giornali orfani della stagione delle manette facili del governo pentastellato.
La bozza “non ha ambizioni importanti, sistematiche, ma contiene modifiche che, a mio giudizio, non vanno nella direzione giusta”, ha affermato il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. È una riforma che mette un “bavaglio alla stampa” e “favorisce i corrotti”, ha scritto il Fatto.

Ma vediamo in dettaglio le nuove norme.

Il punto principale riguarda l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Un reato modificato innumerevoli volte in questi anni ed utilizzato come un grimaldello da parte dei Pm. Il traffico d’influenze, altro reato quanto mai evanescente, non viene invece abrogato ma sarà oggetto di ridefinizione. Per essere punibile il mediatore dovrà sfruttare “intenzionalmente” le relazioni con il pubblico ufficiale che dovranno essere “esistenti” e non più solo “asserite” e quindi millantate. L’utilità data o promessa, poi, dovrà essere “economica”.

Per quanto riguarda le misure cautelari, esse non saranno più disposte da un giudice monocratico bensì in composizione collegiale, in modo da favorire una maggiore condivisione ed evitate i rischi di “copia e incolla” del gip sulla richiesta del Pm. Tale novità non entrerà in vigore subito ma tra due anni, in modo da poter aggiornare gli organici dei tribunali. Prima di disporre qualsiasi misura servirà procedere all’interrogatorio dell’indagato, notificandogli l’invito “almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni d’urgenza, il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire”. La previsione non vale in caso di pericolo di fuga, di inquinamento delle prove, o anche di reiterazione dei reati più gravi (mafia, terrorismo, violenze sessuali, stalking) o commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale. “Da un lato si evita l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva, dall’altro si mette il giudice nelle condizioni di poter avere un’interlocuzione, e anche un contatto diretto, con l’indagato prima dell’adozione della misura”, ha sottolineato Nordio.

Per le intercettazioni, il divieto di pubblicazione anche parziale, attualmente previsto per gli ascolti non acquisiti al procedimento, si estende a qualsiasi dialogo che non sia stato “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. Non potranno più essere pubblicate le conversazioni citate nelle richieste di misure cautelari del pubblico ministero. I colloqui “che riguardano soggetti diversi dalle parti” non potranno più essere acquisiti dal giudice nell’udienza stralcio, “sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza”. La ratio della norma è chiara: perché pubblicare intercettazioni che il giudice non ritenuto significative?
Diventa vietata anche la pubblicazione dell’avviso di garanzia, che dovrà contenere una “descrizione sommaria del fatto”.
Da ultimo il divieto per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento per i reati per cui è prevista la citazione diretta a giudizio con pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa.

La bozza è stata accolta con soddisfazione da parte della maggioranza. “Mi pare un significativo cambio di passo”, ha commentato Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia al Senato. Sul giudice collegiale confido che si “incrementino quanto prima gli organici degli uffici per evitare rischi di incompatibilità”, ha sottolineato Zanettin.