La ripresa del comparto dei lavori pubblici potrà avvenire esclusivamente a condizione di un perfetto allineamento tra due principi quali le “regole” e le “risorse”. Nei giorni scorsi abbiamo registrato la chiusura con l’Europa per l’utilizzo di risorse extra nazionali ed ha visto la luce il Dl Semplificazioni. Partiamo da queste ultime novità per comprendere cosa ci riserverà il futuro prossimo. È necessario condividere una premessa per apprezzare la irripetibile occasione offerta dal post covid: la storia insegna che dalle disgrazie più nefaste scaturiscono opportunità di rinascita insospettabili. Il post covid comporta l’azzeramento di diversi contatori che da tempo presentavano tratti di criticità rilevante quali il rapporto debito/pil, il deficit ed il patto di stabilità. Oggi, senza dover assistere allo sterile balletto delle responsabilità del precedente governo, sarà possibile, tutti assieme, ripartire da zero con il supporto di una Europa di cui è innegabile sottolineare il ruolo propositivo e costruttivo.

Le risorse interne con il prossimo assestamento di bilancio di circa 25 miliardi, porteranno il contattore da inizio crisi ad un totale di circa 100 miliardi; non è ipotizzabile prefigurare un ulteriore tiraggio in debito. Le risorse europee a noi destinate con il Recovery saranno circa 209 miliardi, di cui 82 a fondo perduto e 127 come prestiti. Queste risorse debbono essere impegnate entro il 2023, impiegate entro il 2026 con il 70% da spendere nei prossimi 2 anni. La restituzione dei prestiti ricevuti avverrà solo dopo il 2026. Il sostegno erogato attraverso i prestiti è legato a tappe ed obiettivi intermedi e la “consequenzialità” subordina l’utilizzo della quota parte a prestito solo dopo aver speso le risorse a fondo perduto. È prevista una anticipazione pari al 10% che porterebbe risorse disponibili a brevissimo per circa 20 miliardi; possono essere computate nel conteggio dei finanziamenti europei anche le spese (già) effettuate da febbraio 2020 purché coerenti con la strategia di fondo del Recovery. Dobbiamo predisporre al più tardi entro ottobre un piano attuativo perché sia presentato in Europa ed in quella occasione si individueranno definitivamente le risorse per ogni singola nazione.

Potrebbero esserci anche le risorse contemplate nel Mes che, se attivate, configurerebbero una ulteriore disponibilità di circa 36 miliardi.
Mentre il Recovery potrà partire solo dopo che i programmi nazionali avranno superato l’esame dell’Europa, il Mes invece ha solo un vincolo di utilizzo per spese “sanitarie dirette ed indirette”e la sua entrata a regime può essere attivata nel volgere di poche settimane. L’utilizzo del Mes e del Sure potrebbero contribuire ad abbattere il tendenziale che vedrebbe a fine anno il deficit schizzare oltre il 12% ed il debito oltre il 160%. E’ necessario individuare chi abbia politicamente la regia nella attribuzione delle varie risorse ai vari programmi: c’è bisogno di decisioni rapide e concrete. Atteso che le risorse europee arriveranno nel secondo semestre 2021 è necessario comprendere quali cantieri attivare nell’immediato e farci trovare pronti. Nel passato abbiamo non solo privilegiato la spesa corrente invece di quella per investimenti, ma addirittura abbiamo speso solo parzialmente le risorse messe a disposizione dalla Europa (abbiamo speso solo 5 miliardi rispetto ai 54 stanziati dal Fondo Coesione e Sviluppo). L’Europa ci giudicherà su atti concreti non certo su fantasmagorici libri dei sogni completamente distaccati dalla realtà di tutti i giorni, servono progetti da mandare in gara, questa è la priorità.

Le varie liste di opere strategiche di rilevanza nazionale contenute nel Piano Italia Veloce non hanno nella stragrande maggioranza alcuna possibilità di essere cantierate a breve. Ad eccezione di poche, la maggior parte sono opere di cui si parla da anni con situazioni amministrative incancrenite e livelli progettuali che definire iniziali è segno di ottimismo. Per le opere complesse servono passaggi al Cipe, nella Conferenza Stato Regioni, per tacere di condivisioni per il quadro “fonti/impieghi” con il Mef; senza tutto questo non è serio ipotizzare alcuna possibilità di aprire cantieri nei prossimi 18/24 mesi. E’ possibile invece aprire immediatamente cantieri per quelle opere relative alla messa in sicurezza del territorio e del patrimonio esistente. Sono prevalentemente opere di manutenzione ordinaria e straordinaria che per le loro caratteristiche hanno un livello di progettazione definibile con maggiore facilità ed i cui importi lavori garantirebbero una ricaduta capillare sui territori. ANCE ripropone il “Piano Italia” che metterebbe a disposizione di Comuni e Provincie circa 39 miliardi attraverso l’intervento di Cdp e Bei che anticiperebbero gli importi già previsti nei prossimi 15 anni, e frammentati in 11 programmi di spesa, nelle ultime 3 leggi di bilancio. Ipotizzando un service fee di 5 miliardi i Comuni e le Provincie potrebbero avere la disponibilità di circa 34 miliardi di risorse con cui bandire gare sin da subito.

Il ruolo istituzionale di Cdp risulta decisivo in questo momento. Proprio la assenza di progetti rappresenta il più forte ostacolo al possibile atterraggio di risorse ed è per questo motivo che le attuali previsioni del Dl Semplificazioni non ci convincono. Nonostante la presenza di diversi aspetti positivi, alcuni epocali, che connotano questo ultimo Dl è incontrovertibile che la lettura combinata degli articoli 2 e 9 fa emergere una rischiosa deregulation piuttosto che una vera e propria semplificazione. Per tutte le opere sopra soglia avere, di fatto, come unica procedura di gara quella della “negoziata senza bando con invito a 5 operatori” è una scelta inadeguata e pericolosa soprattutto per la assenza di pubblicità ex ante. Nelle varie analisi vi è la unanime condivisione che i maggiori problemi si registrano nella fase a monte delle gare in occasione del rilascio delle varie autorizzazioni; qui si annidano i famigerati tempi di attraversamento che impediscono di fatto, con un perenne gioco dell’oca, qualsiasi programmazione. Li si doveva risolutamente intervenire.

Non costituendo la individuazione dello aggiudicatario il problema principale non comprendiamo la attenzione rivolta a questa fase con provvedimenti di dubbia trasparenza. Perché la stessa risolutezza non la si è adottata per intervenire nelle piaghe della fase autorizzativa senza creare alcun vulnus alla concorrenza? Da marzo il settore dei lavori pubblici attendeva il provvedimento che avrebbe fatto ripartire il settore, siamo arrivati in piena estate per la conversione del Semplificazioni essendo passati attraverso una corsa ad ostacoli finalizzata solo ad acquistare tempo. Adoperiamoci perché a settembre ci siano i cantieri perché non solo il settore edile ma tutto il Paese è sull’orlo della implosione. Ora basta slogan.