“Sia la mera partecipazione che la organizzazione di riunioni private costituiscono oggetto di un diritto costituzionale, il cui esercizio non è sindacabile sotto il profilo dello scopo e dell’oggetto della riunione, come si desume dal fatto che la Costituzione lo esclude implicitamente anche per le riunioni in luogo pubblico, per le quali pone limiti soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica”. Richiamando, dunque, i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana, le Sezioni unite civili della Cassazione, presiedute da Guido Raimondi, ex presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, hanno annullato la sentenza disciplinare nei confronti del giudice Cosimo Ferri, nella scorsa legislatura deputato di Italia Viva.
Ferri, per anni numero uno di Magistratura indipendente, il gruppo conservatore delle toghe, e poi sottosegretario di Stato presso il Ministero della giustizia, era stato accusato dalla Procura generale della Cassazione addirittura di “grave scorrettezza” nei confronti dei colleghi per il solo fatto di aver accompagnato presso l’allora residenza romana di Silvio Berlusconi il giudice Amedeo Franco.

Quest’ultimo era stato il relatore della sentenza, presidente del collegio Antonio Esposito, che il primo agosto del 2013 aveva rigettato il ricorso proposto contro la sentenza di condanna a quattro anni di reclusione emessa dalla Corte d’appello di Milano nel processo su diritti Tv-Mediaset nei confronti del Cavaliere. Tale pronuncia, per effetto della legge Severino, aveva quindi determinato l’immediata decadenza di Berlusconi da parlamentare.
I fatti risalivano ad un periodo compreso fra la fine del 2013 e i primi mesi del 2014, quando Ferri era a via Arenula e Berlusconi era stato espulso dal Senato. L’incontro fra Berlusconi e Franco era stato rivelato ad anni di distanza, nell’estate del 2020, dopo la pubblicazione di alcuni audio registrati dallo staff dell’ex premier, all’insaputa del giudice, e poi depositati dai suoi avvocati nel ricorso alla Cedu avverso tale sentenza. Dopo la pubblicazione di questi audio, in cui Franco manifestava tutto il proprio disappunto per quanto accaduto, parlando di “un plotone d’esecuzione” davanti al quale si sarebbe ritrovato Berlusconi in Cassazione, era stato aperto nel 2020 un procedimento da parte della Procura di Roma. Il fascicolo era poi stato trasmesso alla Procura generale della Cassazione l’anno successivo per valutare la posizione del solo Ferri, essendo Franco nel frattempo deceduto l’anno prima.

Per la difesa di Ferri, rappresentata dall’avvocato romano Luigi Antonio Panella, l’atteggiamento critico di Franco nei confronti della decisione della condanna di Berlusconi era noto da anni. Già nel libro di Bruno Vespa “Sole, zucchero e caffè”, pubblicato nel 2013, si poteva leggere che Berlusconi considerava quella sentenza un “assassinio giudiziario”, “un tranquillo colpo di Stato”, nel quale “il relatore, unico componente imparziale del collegio, non condivideva né la sentenza né le motivazioni”. L’anno successivo, durante la trasmissione Porta a Porta, sempre Berlusconi aveva poi sottolineato che “la Cedu avrebbe annullato tale sentenza, costruita con precise regie”. La posizione di Franco, che aveva parlato con diverse persone prima di chiedere a Ferri un appuntamento con Berlusconi, era allora nota a molti. Nel 2016, nel ricorso alla Cedu, i legali di Berlusconi avevano sottolineato i “pregiudizi” del presidente del collegio Esposito, e di un “forte turbamento personale di Franco in totale disaccordo con la condanna, profondamente amareggiato a livello professionale per essersi lasciato indurre a condividere un palese errore giudiziario”.

“Risulta singolare che ora, a distanza di sei anni dal 2016 e nove dai fatti si ipotizzi una grave scorrettezza a carico di Ferri per aver asseritamente consentito e avallato un comportamento scorretto di Franco che nessuno ha mai contestato a quest’ultimo fino a che è stato in vita”, aveva puntualizzato nell’arringa difensiva l’avvocato Panella. Ed a proposito degli audio, l’avvocato romano aveva anche prodotto una consulenza tecnica in cui si dimostravano alcune loro ‘manomissioni’ che avrebbero reso i nastri di fatto inutilizzabili. Per il Consiglio superiore della magistratura, invece, la “grave scorrettezza” era pienamente dimostrata e Ferri veniva così condannato alla perdita di anzianità di due anni. Una condanna pesantissima se confrontata con altre condanne emesse dalla sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli. L’allora procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, tanto per fare un esempio, per aver molestato sessualmente una collega, la pm palermitana Alessia Sinatra, era stato condannato alla perdita di appena due mesi di anzianità. Sulle ‘sperequazioni’ disciplinari nei confronti dei colleghi era intervenuto lo stesso Ferri, elencando i differenti trattamenti posti in essere da parte del Csm, come quello nei confronti della pm Anna Canepa che aveva definito “banditi ed incapaci” alcuni colleghi senza subire conseguenze.
In questa storia quanto mai oscura, una domanda è rimasta senza risposta: perché Franco non venne mai sottoposto a procedimento disciplinare da parte del Consiglio superiore della magistratura? Anzi, nel 2015, lo stesso Csm, quello dove spadroneggiava Luca Palamara, lo aveva anche promosso presidente di Sezione a piazza Cavour. Un ‘premio’ per aver fatto cacciare Berlusconi dal Senato? “Sono molto soddisfatto della sentenza delle Sezioni uniti della Cassazione. Il Csm non potrà non tenerne conto nel nuovo giudizio”, ha commentato l’avvocato Panella.