I lavoratori della gig economy
La rivolta dei rider: “Vogliamo dei veri contratti”
I rider tornano a incrociare le braccia. Oltre 20 mila lavoratori hanno, bici al cielo, chiesto a gran voce di non usare le popolari app per la consegna di cibo a domicilio per tutta la giornata di ieri. «Veri diritti, no a falsi contratti», recita uno striscione dietro cui si sono riuniti oltre un centinaio degli oltre tremila rider attivi nel capoluogo lombardo.
Mobilitazioni però si sono svolte in tutte le piazze d’Italia da Firenze a Bologna, da Roma fino a Napoli, da Torino a Bergamo. Una protesta nata dopo l’accordo sottoscritto tra Assodelivery, l’associazione delle piattaforme come Glovo, Deliveroo e Just Eat, e il solo sindacato Ugl e che stabilisce un salario minimo di 10 euro all’ora, ma solo in considerazione del tempo effettivamente impiegato per fare le consegne. In buona sostanza i tempi morti dunque non sono retribuiti.
«La Uil è insieme ai rider per manifestare contro un accordo fasullo che prevede condizioni di lavoro al ribasso, peggiorando di fatto la già precaria situazione di questo settore». Ha sottolineato Tiziana Bocchi, segretaria confederale Uil. «In un periodo così difficile riteniamo sia inaccettabile che le piattaforme del food delivery pensino
esclusivamente ai profitti risparmiando sul costo del lavoro e sulla sicurezza. La grande partecipazione di oggi (ieri per chi legge, ndr) ci dà la spinta per continuare la nostra battaglia per il riconoscimento dei diritti e della dignità del lavoro per i rider», ha poi aggiunto.
Nelle scorse settimane migliaia di fattorini si sono visti recapitare una lettera con cui le aziende di consegna a domicilio – di fatto – obbligavano a siglare il nuovo contratto di lavoro nazionale. «A tutti – ha spiegato Francesco Melis, della Cgil Milano – in queste settimane le varie piattaforme hanno scritto una mail per dire che o si sottoscrive il nuovo contratto o non si lavora più. E che quella lettera vale da preavviso per il licenziamento. Ogni licenziamento sarà un ricorso» avverte. Al rifiuto del contratto sarebbe dunque corrisposto il licenziamento. Secondo i fattorini, e non solo, un vero e proprio ricatto. Sottoscrivendo il nuovo contratto ecco dunque la conferma del pagamento a cottimo e il mancato trattamento da lavoratori dipendenti. Niente malattie, ferie o straordinari.
Solidarietà è arrivata anche dal mondo della politica attraverso le parole di Nicola Fratoianni, portavoce di Sinistra Italiana, che sulla sua pagina Facebook ha scritto: «Rivendicazioni sacrosante, soprattutto dopo le recenti condanne delle aziende di settore per caporalato. Oggi non ordiniamo a domicilio e sosteniamo la lotta delle e dei riders. Mai più consegne senza diritti». Dopo l’ultimo Dpcm che ha decretato la chiusura di bar e ristoranti alle ore 18 e lo spettro di un nuovo lockdown, il tema dei lavoratori della gig economy, sta tornando centrale. Il decreto Imprese, firmato nel 2019, aveva infatti concesso a sindacati e alle varie piattaforme un massimo di un anno di tempo per trovare un accordo.
Secondo Angelo, rider e attivista sindacale di Deliverance, il sindacato collettivo indipendente dei riders, il nuovo contratto «è peggiorativo. Prima non avevamo diritti, ora ancora meno. Dopo due anni di trattative la legge 128 ci dava finalmente la tutela contro l’infortunio, l’assicurazione sociale. Ma la Cassazione ha detto che ai lavoratori della consegna del cibo spettano tutti i diritti della subordinazione». Per i rider di tutta Italia non ci sono differenze tra festivi, weekend, orari notturni e questo perché vengono ancora considerati lavoratori “autonomi”, anche se ovviamente non sono di certo loro a concordare la paga e tantomeno a decidere le modalità con cui devono svolgere l’attività. Questa ultima versione del contratto nazionale è stata poi messa in dubbio dallo stesso Ministero del Lavoro che, a più riprese, ha dichiarato di voler convocare un tavolo per riaprire la trattativa. I sindacati però sono ancora in attesa.
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