La richiesta per la Prima del Teatro
La Scala di Milano apre col ‘Boris Godunov’ russo e il console ucraino chiede la censura: “Rivedete il programma”
Ancora una volta gli attacchi russofobi alla cultura da parte ucraina tornano a fare notizia in Italia. ‘Colpa’ del console di Kiev a Milano, Andrii Kartysh, che in una lettera indirizzata al sovrintendente della Scala Dominique Meyer, al sindaco di Milano Giuseppe Sala e al presidente della Lombardia Attilio Fontana, ha chiesto di “rivedere” la programmazione del Teatro.
La Scala aveva deciso infatti di inaugurare la stagione teatrale, che si apre il prossimo 7 dicembre, con l’opera russa Boris Godunov, capolavoro di Modest Musorgskij nell’edizione critica originale del 1874: un affronto secondo il console ucraino, che ha chiesto nella missiva di non assecondare “eventuali elementi propagandistici”.
Il console ha criticato la scelta di mettere in cartellone spettacoli di musica russa e anche il recital del soprano Anna Netrebko. Kartysh nel testo ringrazia le autorità per “il manifesto sostegno, tuttora palpabile” verso l’Ucraina e gli ucraini dall’inizio della “guerra” che è stata “voluta dalla Federazione Russa, che continua a lacerare la nostra pace, sottraendo preziose vite umane in modi sempre più terrificanti“. Ma sottolinea “grande disappunto e rammarico” all’interno della comunità ucraina in Italia in seguito alle scelte artistiche della Scala, che nei giorni scorsi si è tradotto con una raccolta firme online per chiedere di sostituire gli spettacoli russi.
Secondo la tesi del console ucraino nel capoluogo meneghino, “la cultura viene utilizzata dalla Federazione Russa per dare peso all’asserzione della sua grandezza e potenza” e dunque “assecondare la sua propagazione non può che nutrire l’immagine del regime ivi vigente al giorno d’oggi” e quindi “per estensione, le sue ambizioni scellerate e i suoi innumerevoli crimini”.
Da qui l’invito di Kartysh a “rivedere il programma della stagione al fine di bloccare eventuali elementi propagandistici“, con la speranza che si avvicini “il momento in cui i confini dell’Ucraina, e con essi la pace nel nostro continente, saranno ripristinati“, così che la cultura russa possa “tornare ad essere svincolata dalla sua realtà politica” ed essere “apprezzata liberamente, senza rimorsi dettati dall’etica“.
Una proposta definita senza mezzi termini “una stupidaggine” da Carlo Calenda, primo politico di casa nostra ad esprimersi sulla richiesta del console ucraino, ricordando come “non siamo in guerra con la cultura russa”.
Questa è una stupidaggine. Non siamo in guerra con la cultura russa. https://t.co/7Wa6BYzqxd
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) November 10, 2022
Una polemica senza senso e fuori tempo, visto che la scelta di aprire con Boris Godunov era stata presa già tre anni fa, ben prima dell’inizio del conflitto in Ucraina. Lo scorso giugno nel presentare il calendario della Scala, il sovrintendente Meyer aveva ribadito a tal proposito di “non per la caccia alle streghe né per la cancellazione delle opere russe” e che “quando legge Puskin non si nasconde”.
La polemica a Napoli
Una polemica non molto diversa aveva avuto luogo lo scorso aprile a Napoli, al Teatro San Carlo, dove era in programma uno spettacolo destinato alla raccolta fondi per l’ucraina.
All’inizio si intitolava “Ballet for Peace”, poi è scoppiata la polemica e con essa il caso diplomatico: “Dopo la strage di Bucha non si può ballare con i russi”, era stata l’accusa del console generale dell’Ucraina a Napoli Maksym Kovalenko. E così, nonostante le buone intenzioni, lo spettacolo aveva cambiato nome in “#StandWithUkraine – Ballet for Peace”.
Non solo. I ballerini ucraini, assieme a quelli russi, avevano ricevuto minacce dai loro connazionali: messaggi sui loro cellulari e sui social in cui si intimava di non partecipare allo spettacolo al San Carlo insieme ai nemici russi.
© Riproduzione riservata