Il ministro: "Dobbiamo sempre più valorizzare l’autorevolezza dei docenti"
La scuola orizzontale di Valditara: “Dialogo e rispetto dell’avversario: orgoglioso del riscatto dei ragazzi bocciati”
Troppo spesso la scuola è relegata ai margini del dibattito pubblico, la scuola che ha sofferto durante gli anni del Covid ma anche la scuola fatta di cultura, umanità, socialità. Il luogo dove si formano i cittadini del futuro. Una conversazione a tutto campo con il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.
Ministro, qual è la sua idea di scuola?
«È una scuola in linea con la Costituzione, che punta sulla valorizzazione della persona, dove dunque è fondamentale la personalizzazione della didattica. La mia visione di scuola è diversa da quella di Giovanni Gentile, che aveva costruito un percorso di tipo piramidale dove al vertice c’era il Liceo Classico, poi il Liceo Scientifico e in fondo tutti gli altri. Ritengo, invece, che tutti i percorsi scolastici debbano avere pari dignità, e quindi da questo punto di vista l’istruzione tecnica e professionale non debba essere di serie B. Ci sono diverse intelligenze, tutte con pari dignità: una intelligenza più teorica, una intelligenza più pratica, tutte devono essere valorizzate. Da qui la rivoluzione del “merito” per costruire non una società elitaria, aristocratica, ma capace di valorizzare i talenti di ciascuno, con la consapevolezza che in ogni essere umano ci sono delle abilità. Il dovere della scuola è valorizzare le abilità di tutti, sostenendo chi è più in difficoltà così da recuperare gap che hanno origini sociali. Tutti devono poter costruire il loro percorso di vita, la scuola deve sostenere le potenzialità di ognuno».
Lei parla spesso di “spirito repubblicano”. Come può la scuola educare le giovani generazioni a questo sentimento e più in generale a una convivenza civile?
«La nostra Costituzione nasce dall’incontro di forze politiche molto diverse, costruita su principi ampiamente condivisi, ha rappresentato un momento di unione. Quell’unità si andò poi perdendo anche per la dipendenza del PCI dall’URSS. Si è recuperata con Berlinguer che ricostruì con altri un percorso di solidarietà nazionale, un percorso in cui si è tornati a far prevalere le ragioni dell’unione, pur nelle differenze, perché le differenze devono esserci, sono il sale della democrazia, come il dibattito e la contrapposizione politica. Bisogna però identificarsi nei valori fondamentali della nostra Costituzione e considerare l’altra parte come un avversario con cui discutere anche vivacemente, mai invece come un nemico da combattere e persino da delegittimare sul piano personale. La scuola deve educare al dialogo, non necessariamente alla condivisione, perché sappiamo perfettamente che su molte cose la pensiamo diversamente, ma la cultura del dialogo è fondamentale. Ieri è stata la Festa della Repubblica, pongo per questo una “questione repubblicana”: la legittimazione e il rispetto dell’avversario, verso le sue idee, verso la sua persona, invece oggi vedo in talune parti uno scadimento della lotta politica, con atteggiamenti che non esprimono uno spirito repubblicano».
La vicenda di Abbiategrasso ha scosso l’opinione pubblica e ha posto il tema del disagio, a volte profondo, che opprime i giovani. Durante il Covid, con la scelta di chiudere le scuole, gli adolescenti hanno vissuto una costrizione che ha compromesso il loro sviluppo psicofisico. Come si affronta questo fenomeno?
«Intanto il caso di Abbiategrasso non è un caso di bullismo, ma ha una sua specificità, non esprime una situazione generalizzata, per fortuna. Quando parliamo dei nostri ragazzi non possiamo mai dimenticare che la stragrande maggioranza di loro sono giovani responsabili, positivi, che si impegnano. Hanno le loro ansie, le loro paure, le loro aspirazioni, le loro speranze che vanno coltivate e valorizzate. Noi, dopo il periodo drammatico del Covid, dobbiamo ricostruire la serenità a scuola. D’altro canto si deve intervenire molto seriamente nei confronti del crescente fenomeno del bullismo. Il bullismo offende la persona nelle sue pluralità, nella sua identità. Per quanto riguarda il disagio giovanile, la figura del docente tutor, che ha fra l’altro particolari competenze psicopedagogiche, può svolgere un ruolo importante. Il tutor dovrà curare la personalizzazione dell’insegnamento, in team con tutti gli altri docenti. Il disagio si combatte anche dando al ragazzo la possibilità di realizzarsi, di coinvolgersi. Ho visitato una scuola della Brianza dove vengono ammessi solo ragazzi bocciati due volte. In quella scuola ho incontrato ragazzi che hanno avuto problemi con la giustizia ma che si sono riscattati, hanno trovato una didattica personalizzata che li ha aiutati a scoprire le loro abilità, hanno trovato gli strumenti per realizzarsi. Sono orgoglioso di loro. Questa è la cultura del riscatto contro il disagio. Ritengo anche che sia opportuno un supporto psicologico per le scuole che, qualora individuino un disagio significativo, d’intesa con la famiglia, ne facciano richiesta».
Cosa mi dice invece dei docenti, spesso sviliti, poco rispettati. Come si cambia rotta e si ridà prestigio agli insegnanti?
«Dobbiamo sempre più valorizzare l’autorevolezza dei docenti. A partire dalla cultura del rispetto: verso il docente, verso lo studente, verso i beni pubblici. Abbiamo messo in campo una serie di misure per valorizzare e difendere la figura dell’insegnante, come il patrocinio legale in caso di aggressioni. Lo Stato si costituirà anche parte civile nell’ipotesi di aggressioni gravi nei confronti del personale della scuola. Per la prima volta abbiamo esteso l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro anche ai docenti e al personale della scuola, oltre che agli studenti. Anche questo è un segnale di attenzione. Ovviamente serve pure una valorizzazione economica, abbiamo appena iniziato con il passato contratto».
Istruzione tecnica e professionale, ITS. Possiamo immaginare un futuro prossimo in cui non saranno indirizzi considerati di serie B?
«I dati di Unioncamere ci dicono che ci sono un milione e duecentomila posti di lavoro che non vengono coperti per mancanza di qualifiche. È un delitto sia nei confronti dei giovani che non trovano lavoro, che per il sistema imprenditoriale che perde competitività. Sto pensando a una sperimentazione su adesione volontaria con un monitoraggio dei risultati, che punti su alcuni pilastri: una filiera che metta insieme formazione professionale e tecnica e ITS, un percorso quadriennale collegato al biennio ITS, docenti che vengano dal mondo dell’impresa e dal mondo delle professioni per innestare le competenze che mancano nella scuola, accentuazione dell’alternanza scuola lavoro e dell’apprendistato formativo, potenziamento dell’italiano e della matematica, una maggiore autonomia e una ulteriore semplificazione, un legame sempre più forte tra scuola e impresa. Dobbiamo anche riportare la cultura e il valore del lavoro nelle nostre scuole: anche qui realizziamo la nostra costituzione. Contro la dispersione scolastica, invece, sto lavorando a una “Agenda Sud”, che partirà con una sperimentazione su centocinquanta scuole. L’obiettivo è riunificare il nostro paese colmando il divario di competenze tra ragazzi del Nord e del Sud».
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