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La seconda settimana di Trump tra economia di Stato, IA cinese e geopolitica incandescente
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La prima settimana del secondo mandato di Donald Trump è stata tutt’altro che tranquilla, e la seconda si preannuncia altrettanto esplosiva. Mentre molti mercati si concentrano sulle prossime mosse di banche centrali come la Bank of Canada, la Fed, la Banca Centrale del Brasile e la BCE, l’attenzione sembra sempre più spostarsi verso la strategia macroeconomica globale che Trump sta plasmando, lasciando in secondo piano le politiche economiche tradizionali.
Trump è determinato ad “ampliare il territorio statunitense” attraverso l’acquisizione della Groenlandia, un tema già emerso durante il suo primo mandato e ora tornato alla ribalta. Se l’Unione Europea dovesse sostenere la Danimarca, Trump è pronto a rispondere con misure economiche o politiche. Lo stesso potrebbe accadere con il Regno Unito, che tecnicamente ha una priorità sull’acquisto della Groenlandia. Intanto, il Regno Unito è alle prese con la controversia sulle isole Chagos, oggetto di tensione con gli Stati Uniti.
Sul fronte sudamericano, Trump ha appena imposto dazi del 25%, divieti di visto per funzionari colombiani e sanzioni economiche contro la Colombia. La risposta di Bogotà, con dazi del 50% sui beni statunitensi, segna un punto di rottura tra due ex alleati storici. La Colombia, governata da un presidente socialista, ha espresso interesse per il BRICS e un avvicinamento a Cina e Russia. Questo cambiamento ha spinto il nuovo speaker della Camera statunitense, Johnson, ad avvertire che il Congresso è pronto a sanzionare qualsiasi Paese che non collabori pienamente nel rimpatrio dei propri cittadini immigrati illegalmente negli Stati Uniti. E la pressione si intensifica: dazi del 25% contro Canada e Messico potrebbero essere introdotti già questo sabato.
Ridurre i prezzi dell’energia è un obiettivo prioritario per la Casa Bianca, fondamentale per abbassare l’inflazione e, di conseguenza, i tassi di interesse. Trump sta sfruttando poteri risalenti all’epoca della Guerra Fredda per assicurare un flusso costante di combustibili fossili, destinati in primis alle esigenze militari ma con effetti positivi sull’economia civile. Trump potrebbe inoltre esercitare pressioni su Arabia Saudita e altri produttori di petrolio per aumentare la produzione, combinando incentivi politici e militari. Anche se queste mosse potrebbero sembrare irrealistiche per il mercato, rientrano perfettamente nell’ambito della strategia statale.
Sul fronte tecnologico, la Cina ha lanciato una nuova sfida agli Stati Uniti con il suo modello di intelligenza artificiale DeepSeek. Creato con un budget dichiarato di soli 6 milioni di dollari, DeepSeek ha scatenato dibattiti accesi. Se il costo fosse reale, dimostrerebbe la capacità cinese di sviluppare tecnologie avanzate a una frazione del costo necessario negli Stati Uniti. Tuttavia, i critici sostengono che il modello cinese si basi su chip statunitensi ottenuti illegalmente e che il costo reale dello sviluppo potrebbe superare il miliardo di dollari.
La Cina, intanto, ha annunciato un investimento di 157 miliardi di dollari nell’IA, alimentando ulteriori timori negli Stati Uniti, che si preparano a spendere cifre astronomiche nel settore. Questo confronto rischia di trasformarsi in un “momento Sputnik” per gli Stati Uniti, spingendo il governo a: incrementare gli investimenti strategici nella ricerca tecnologica; riorientare l’economia verso la produzione industriale, riducendo la dipendenza dalla finanziarizzazione; limitare l’accesso cinese ai dati occidentali e alle infrastrutture strategiche.
La possibilità che DeepSeek diventi una sorta di “TikTok dell’IA” ha sollevato preoccupazioni significative tra gli esperti di sicurezza nazionale, che vedono il rischio di un massiccio trasferimento di dati occidentali verso la Cina.
Mentre Stati Uniti e Cina si affrontano su più fronti, l’Europa appare in gran parte spettatrice passiva. La mancanza di una strategia comune sull’energia, sull’IA e sulla geopolitica lascia il continente vulnerabile a pressioni esterne e a decisioni prese altrove. Per i mercati, le implicazioni sono profonde. Le linee sulle mappe geopolitiche si stanno spostando, e con esse anche quelle sugli schermi degli investitori. Dall’energia all’intelligenza artificiale, passando per le tensioni commerciali e militari, il mondo sta entrando in una nuova era di conflitti strategici, dove la politica economica tradizionale lascia spazio a strategie di stato che ridefiniranno i parametri economici e finanziari globali.
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