I treni e lo smog. Sarebbero stati questi i due principali vettori della diffusione del Coronavirus in Lombardia secondo un’inchiesta di Fabrizio Gatti pubblicata oggi su L’Espresso. Due aspetti che spiegherebbero perché l’epidemia abbia raggiunto numeri così alti proprio nelle province della Lombardia, non paragonabili al resto del Paese.

“È come se il virus Sars-Cov-2, fin dal suo arrivo nel Nord Italia, avesse preso quotidianamente la metropolitana verde verso Cologno Monzese e i comuni orientali della provincia, o la linea rossa verso Sesto San Giovanni, o la gialla verso la Comasina e gli autobus suburbani fino a Bresso, tutte località che dopo Milano sono in testa alla classifica dei contagi. Ma le infezioni si sono mosse anche in treno da e verso Lodi e Codogno, Cremona, Bergamo e Brescia, che non a caso sono le province più colpite. Ovviamente i virus non camminano soli ma con le gambe delle persone che penetrano, creando così nuovi focolai in base alle condizioni locali che incontrano”.

Secondo il giornalista la fitta rete dei trasporti lombardi è stata il principale veicolo del contagio. Più che nei luoghi di lavoro, ai bar o nei ristoranti, è qui che ci si ritrova a stretto contatto quotidiano con sconosciuti, tutti ammucchiati l’uno sull’altro, toccando le stesse superfici, respirando la stessa aria. A questo quadro si aggiunge un imprevisto determinante: all’alba del 6febbraio deraglia un treno Frecciarossa a Lodi, area del primo focolaio. La linea ad alta velocità viene chiusa e per giorni i treni dell’Av vengono deviati sulla ferrovia più vecchia. Molti treni vengono così cancellati e i pendolari sono costretti ad ammassarsi su quelli che restano.

C’è poi un altro fattore ricorrente in quelle settimane di febbraio in Lombardia: l’inquinamento è alle stelle. “Per diversi giorni – scrive Gatti – la concentrazione di PM10, il materiale particolato con dimensione inferiore a 10 millesimi di millimetro che penetra nei nostri polmoni, ha raggiunto gli 80-100 microgrammi per metro cubo d’aria in molte centraline della Pianura Padana, fino al doppio del limite di legge. Livelli pericolosi anche per il PM2,5 e il diossido di azoto, derivato dai gas emessi dagli impianti di riscaldamento e dal traffico. La stretta relazione tra virus e inquinamento è dimostrata da anni”. Certo, al momento nessuna ricerca può spiegare se e quanto il tasso di inquinamento nella Pianura Padana abbia contribuito, ma una relazione esiste tra la diffusione dei virus e la presenza di particolato nell’aria.

Proprio quest’ultimo aspetto, fa notare il giornalista, sarà fondamentale in autunno. Se la stagione estiva, come si prospetta, arginerà la pandemia, in autunno bisognerà prendere misure per evitare che scoppino nuovi focolai. E tra queste non si potrà non tenere conto dell’inquinamento dell’aria.

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