Sei Punte
Servirebbe un cambio di prospettiva
La sicurezza di Israele va ripristinata, ma la colpevole indifferenza va in scena anche quando gli Houthi colpiscono Tel Aviv

Salvi gli antisemiti certificati come Jeremy Corbyn, come certi suoi omologhi continentali alla Jean-Luc Mélenchon e come qualche emulo iberico o della provincia foggiana, non c’è leader del mondo democratico che non si costringa a ripetere – ma solo se è proprio necessario – che Israele ha diritto di vivere in sicurezza e che la sicurezza degli israeliani è un bene da proteggere. Ma gli autori di quelle routinarie quanto precarie manifestazioni di solidarietà mostrano di credere che l’insicurezza di Israele sia ancora un pericolo, mentre ormai è un’altra cosa: è un fatto; e sfugge loro che la sicurezza degli israeliani, essendo quotidianamente compromessa, non è un’acquisizione da proteggere ma una condizione da ripristinare.
Il drone Houthi per procura iraniana che l’altra notte passava sulle spiagge di Tel Aviv – e, piombando nel centro della città, faceva un trascurabile morto e un po’ di feriti – avrebbe causato qualche allarme supplementare se le platee degli osservatori occidentali non si fossero abituate a ritenere normale quel che succede laggiù dal pomeriggio del 7 ottobre. La periodica dichiarazione del funzionario europeo che dà per scontata la sicurezza di Israele è affidata alle agenzie mentre 60mila civili israeliani sono via dalle loro case non per vacanza, ma da profughi in patria. Le proclamazioni di principio sulle bellurie dei “due popoli, due Stati” sono redatte in ottimo vernacolo pacifista mentre 10mila razzi cadono sul Nord di Israele e inceneriscono la Galilea. Il tutto sul presupposto spensierato che ogni dettaglio può essere messo in discussione, signori miei, ma non la sicurezza di Israele.
Il fenomeno è tanto più appariscente perché non si sviluppa, per così dire, “di fatto” e inopinatamente, ma nel quadro di quotidiane dichiarazioni dei regimi del terrore che apertamente rivendicano di voler fare – come fanno – altrettanti obiettivi di guerra lo Stato ebraico, ogni città israeliana e tutti i civili del paese. Solo una colpevole indifferenza può far trascurare che la sicurezza di Israele e degli israeliani non merita questa ricorrente finzione, vale a dire l’atteggiamento con cui si fa mostra che si tratti di una cosa che c’è, di una situazione provvidenzialmente consolidata, anziché di un risultato da ottenere.
Servirebbe, forse, un cambio di prospettiva. Provare a mettersi dal punto di vista di una spiaggia di Fiumicino, con quell’affare che alle tre di notte passa lì sopra a va a schiantarsi, ammazzando qualcuno, nel bel mezzo del centro di Roma.
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