Il giallo durato 20 anni
La storia del delitto dell’Olgiata: l’omicidio della contessa Alberica Filo Della Torre e l’arresto del maggiordomo Manuel Winston Reyes
Manuel Winston Reyes è un uomo libero. Ha pagato il suo debito con la Giustizia. Era stato condannato a 16 anni per il cosiddetto “delitto dell’Olgiata” del 10 luglio 1991. Quando la contessa Alberica Filo Della Torre venne ritrovata in camera da letto con un lenzuolo avvolto sul cranio. Il maggiordomo tra buone condotte, indulti e pene esigue ha scontato dieci anni di galera. È stato scarcerato dall’Istituto di pena di Rebibbia a Roma pochi giorni fa. Il giallo era durato vent’anni, tra quelli che più avevano incuriosito e sconvolto gli italiani.
Il giorno del delitto nella villa dell’Olgiata era in programma una festa per i dieci anni di matrimonio della contessa con il costruttore romano Pietro Mattei. Alberica era nata a Roma nel 1949, figlia della duchessa Anna del Pezzo di Caianello e del contrammiraglio Ettore della Torre si Santa Susanna. Aveva sposato il principe Alfonso de Liguoro in prime nozze. Un matrimonio durato pochissimo. L’incontro con Mattei a una festa. Il matrimonio nel 1981, i due figli Manfredi e Domitilla, tanti viaggi e anche parecchie feste alla villa dell’Olgiata. Dove quel giorno c’erano Manfredi e Domitilla, i domestici filippini, la baby sitter inglese, quattro operai per alcuni lavori.
L’omicidio alla villa
Quel giorno, alle 7:30, la contessa scese al piano di sotto e poi risalì in camera. La figlia Domitilla e una domestica bussarono alla porta della madre intorno alle 9:30. Nessuna riposta. La cameriera cercò e trovò la seconda chiave e aprì la porta. Il cadavere era a terra. La contessa era stata colpita con un oggetto contundente alla testa e quindi strangolata. Aveva la testa avvolta in un lenzuolo insanguinato. C’era sangue dappertutto. Sul posto arrivarono le forze dell’ordine e Michele Finocchi, amico di famiglia e funzionario del Sisde, il servizio segreto civile. Dalla stanza erano spariti alcuni gioielli.
La contessa era stata colpita forse con uno zoccolo. Il colpevole, secondo i magistrati, era qualcuno che la vittima conosceva bene. Si concentrarono sul delitto passionale e quindi su Mattei, che quella mattina era al lavoro. Le indagini erano in alto mare e così restarono per anni, per due decenni, tra rivelazioni scandalistiche, dettagli pornografici, gossip clamoroso. Vent’anni.
Quando esplose lo scandalo dei fondi neri del Sisde nel 1993 vennero coinvolti Finocchi e i servizi segreti. Furono scoperti suoi conti segreti all’estero. Le riviste scrivevano che la contessa forse voleva divorziare, e così si tornò sul marito. Quindi arrivò il turno di Franklin Yung, finanziere di Hong Kong e vicino di casa all’Olgiata. Altro particolare da prime pagine: lo strangolamento era avvenuto con una tecnica particolare, tramite pressione sulla carotide. Nulla di fatto comunque. Restava un solo punto fermo dopo anni di piste e ipotesi clamorose e accartocciate: la determinazione di Mattei a scoprire la verità. Senza badare a spese.
La scoperta e l’arresto del maggiordomo
Nuove analisi commissionate nel 2007 portarono alla scoperta di tracce di dna sul lenzuolo trovato sul cadavere della contessa. Quei risultati portarono a Manuel Winston, domestico filippino, poco tempo prima del delitto licenziato dalla contessa, già messo sotto controllo in passato ma quindi escluso dalla lista dei sospetti. Un magistrato recuperò le registrazioni delle telefonate nelle quali il maggiordomo trattava con un ricettatore la vendita dei gioielli rubati alla contessa.
Il domestico intanto si era sposato, aveva avuto una figlia e l’aveva chiamata Alberica come la contessa. “Mi sono tolto un peso che mi portavo dietro da vent’anni, scusatemi”, disse il giorno dell’arresto, il primo aprile del 2021. Raccontò di essere tornato alla villa per chiedere alla contessa di ri-assumerlo. La rapina andò in prescrizione, la condanna per omicidio con rito abbreviato. Il 9 ottobre del 2012 la sentenza definitiva: 16 anni di carcere.
Pietro Mattei è morto nel gennaio 2020. La delusione del figlio Manfredi per la scarcerazione: “In Italia la ricerca della Giustizia ricade su chi, come mio padre, ha spalle larghe per poter affrontare i tribunali. L’ingiustizia, invece, è democratica”. Poche parole da parte invece dell’ex maggiordomo: “Voglio la mia vita di uomo libero e la mia giustizia. Sono molto emozionato, non so dire nulla, per ora. Arriverà il tempo”. E quindi a Chi l’ha visto?, la trasmissione su Rai3 di Federica Sciarelli: “So che stanno soffrendo, ma non posso ridar loro la felicità”.
© Riproduzione riservata