Per Joseph Blatter, ex Presidente della FIFA fino al 2015, l’organizzazione che governa il calcio a livello globale, “la scelta del Qatar è stata un errore”. C’era lui al vertice dell’organo quando i Mondiali vennero assegnati all’emirato arabo affacciato sul Golfo Persico, era il 2010. La competizione calcistica, tra gli eventi non soltanto sportivi più seguiti al mondo, partirà domenica prossima 20 dicembre. L’assegnazione al Qatar scatenò da subito polemiche: l’emirato arabo affacciato sul Golfo Persico era un piccolo Paese, appena tre milioni di abitanti, desertico e poco abitato, privo di strutture, dalla tradizione calcistica praticamente inesistente.
Soprattutto le polemiche erano alimentate dalle accuse di violazioni dei diritti umani e civili nello Stato arabo. E come se non bastasse, anzi praticamente a conferma, a pochi giorni dal calcio di inizio ecco le parole dell’ex calciatore e ambasciatore dei Mondiali Khalid Salman che alla televisione tedesca Zdf ha definito l’omosessualità “haram”, proibito in arabo, una sorta di malattia mentale. E per la quale si rischiano sette anni di reclusione nel Paese. La componente Uefa del Consiglio Fifa Evelina Christillin aveva appena rassicurato tutti poche ore prima parlando di una manifestazione che avrebbe prestato “grande attenzione ai diritti umani”.
L’emirato intanto ha speso oltre 220 miliardi di dollari tra stadi, infrastrutture ed eventi per organizzare il Mondiale. Costruiti un nuovo aeroporto, una nuova linea della metro, sette stadi più uno ristrutturato, alcuni con sistemi di climatizzazione, e nuove strade. Previsti un milione e mezzo di turisti che arriveranno da tutte le parti del mondo per assistere all’evento. Dall’estero arriveranno anche forze di polizia per sostenere il servizio d’ordine – anche l’Italia ha firmato un protocollo con Doha. Il Mondiale in Qatar sarà il primo a essere giocato in un Paese arabo – due ore in avanti gli orologi per il fuso orario rispetto all’Italia – e l’ultimo a vedere la partecipazione di 32 nazionali invece di 48 come sarà dal 2026. E il Paese sfrutterà l’evento come vetrina internazionale.
La storia dell’emirato
Il Qatar era dominato dalla famiglia Al Khalifa del Bahrain quando nel 1872 passò sotto la sovranità ottomana. Gli inglesi lo occuparono nel 1916, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, e Londra riconobbe la famiglia Al Thani come regnante. Dal 1934 protettorato, il Qatar ottenne l’indipendenza come emirato nel 1971 entrando nell’Onu e nella Lega araba. Dopo l’abdicazione dello sceicco Ali ben Abdallah nel 1960 in favore del figlio Ahmad ben Ali, la famiglia Al Thani nel 1972 depose lo sceicco e lo sostituì con il cugino Khalifa ben Hamad che ha regnato fino al giugno 1995, quando venne deposto dal figlio Hamad ben Khalifa. L’emiro abdicò a favore del figlio più giovane Tamim nel 2013, attualmente al potere.
La prima Costituzione del Paese è entrata in vigore nel 2005. Il Qatar ha formato il Consiglio di cooperazione del Golfo nel 1981 con Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Oman. Doha ha firmato tra il 1992 e il 1994 accordi difensivi con gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia. Si oppose nel 1990 all’invasione irachena del Kuwait e appoggiò Washington nelle guerre in Afghanistan e in Iraq. Al 2017 risalgono le tensioni con Bahrain, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi, Yemen e Maldive che hanno accusato il Qatar di appoggiare le minoranze sciite e di sostenere le azioni terroristiche.
Le scoperte di estesi giacimenti petroliferi e di gas naturale a partire dagli anni quaranta del Novecento, ha spostato manodopera e lavoro dalle tradizionali attività di pastorizia e raccolta delle perle. Lo sceicco Abdullah cedette per 400mila sterline pagabili in 75 anni i diritti di ricerca ed estrazione del petrolio, così la Anglo-Iranian Co. mise le mani sui giacimenti. Le industrie petrolchimica, siderurgica e del cemento hanno vissuto uno sviluppo verticale da quel momento. Il Paese ha intrapreso da anni un piano di diversificazione delle attività produttive e vive rapporti cordiali con Teheran. Il fondo sovrano qatariota Qatar Investment Authotity, con un patrimonio di oltre 600 miliardi di dollari, è proprietario anche della squadra di calcio del Paris Saint Germain.
Le critiche ai Mondiali in Qatar
La competizione si giocherà per la prima volta nella sua storia nei mesi invernali dell’emisfero boreale, dal 20 novembre al 18 dicembre, per via delle alte temperature che nei mesi estivi superano anche i quaranta gradi. Il torneo ha provocato dunque la sospensione dei campionati nazionali. E infatti anche la Lega Serie A è partita in netto anticipo, lo scorso agosto. Anche questa decisione ha scatenato polemiche: i club sono preoccupati dalle condizioni in cui torneranno alle società i calciatori convocati al momento della ripresa della stagione.
Le polemiche più rumorose hanno riguardato però la situazione dei diritti umani. E qui c’entrano gli stadi, altamente tecnologici e all’avanguardia, e tutte le altre strutture costruite apposta per il torneo: al centro di inchieste e denunce le condizioni nelle quali sono stati tenuti e trattati i lavoratori arrivati nel Paese. Media e organizzazioni internazionali hanno denunciato, nel corso degli ultimi anni, la morte sul lavoro di centinaia se non migliaia di operai. La maggior parte sono arrivati da India, Bangladesh, Sri Lanka e Nepal. Il quotidiano Indian Express ha ricostruito in un lungo articolo le storie di alcuni operai morti nella costruzione di alcune delle tante infrastrutture. Il Guardian ha pubblicato un’inchiesta secondo cui dal 2010 in poi sarebbero morti oltre 6.500 lavoratori.
Le stime del Comitato organizzativo riporta 37 morti tra gli operai lavoratori, 34 in incidenti non legati al lavoro. Il Qatar nel 2020 ha approvato una riforma del lavoro per migliorare le condizioni dei circa due milioni di lavoratori immigrati arrivati nel Paese. La norma ha permesso di lasciare o cambiare il lavoro senza il permesso della propria azienda, introdotto un salario minimo mensile di mille riyal, circa 230 euro, e indennità aggiuntive. “Dati i precedenti del Qatar per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani, la Fifa sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che affidando a questo stato i mondiali di calcio, i lavoratori avrebbero corso dei rischi. Ciò nonostante, quando venne esaminata la candidatura del Qatar, non ci fu alcun riferimento a ciò e non vennero poste condizioni circa la protezione dei lavoratori. Da allora, la Fifa ha fatto ben poco per prevenire o mitigare tali rischi”, aveva dichiarato Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International.