Cara Tiziana,
ciò che sto per raccontare è una parte di quel che mi disse Silvio Berlusconi il 3 marzo dello scorso anno, quando lo andai a visitare ad Arcore circa tre mesi prima della sua morte. Ed è una storia minima ma utile per capire sia il carattere di Berlusconi che il suo rapporto con Putin. La storia è semplice. Racconta Berlusconi: “Ero ospite di Vladimir in Russia e una sera mi dice ‘Domani andiamo a caccia: c’è la luce giusta e i cervi passano sulla neve’. Sveglia all’alba, Vladimir mi mette in braccio un fucile nella sua custodia: ‘Sai come funziona, sì?’. Io dico, ‘No. E francamente non mi piace sparare a un animale’. Arriviamo su una radura e Vladimir si assicurò che io imbracciassi il fucile, me lo ha sistemato e mi ha fatto una lezione su come si guarda nel mirino. Disse: ‘Quando te lo dico io spara’. Arrivò un cervo, Vladimir sparò e il cervo cadde. ‘Il prossimo è tuo’, disse. Arrivò un secondo cervo e io sentivo un rifiuto a sparare. Putin mi venne vicino, mi guidò il braccio disse: ‘Adesso. Spara’. Gli dissi ‘Guarda che proprio non me la sento’. Putin allora abbatté anche quel cervo e tornammo a casa con le bestie insanguinate. Putin mi chiese se mi ero divertito e io risposi: ‘Un panorama meraviglioso’”.

Dopo una lunga pausa, Berlusconi disse di detestare il sangue e ogni atto di violenza e mi ricordò di quel tizio che gli spaccò il naso tirandogli una madonnina di ferro. E che quando poi Berlusconi si sedette traumatizzato, il tizio gli chiese scusa. I due ricordi, quello della caccia al cervo e del naso spaccato, avevano in comune il diverso atteggiamento nei confronti delle azioni che generano sangue. Poi disse: “E se a Vladimir gli viene di tirare tre o quattro atomiche, noi che facciamo? Io mi posso fare un rifugio antiatomico, ma gli altri?”. Poi ricordò di essere stato proprio lui, Berlusconi, a convincere Putin ad entrare nella Nato e a persuadere la Nato ad accettarlo, nella celebre riunione a Pratica di Mare nel maggio del 2002. Ed è vero. Di solito si ricorda quell’evento soltanto perché Berlusconi, stringendo e alzando al cielo le mani di Putin, del presidente americano Georg W. Bush e le sue, dichiarò davanti a una marea di fotografi chiuso il Tempio di Giano, dio della guerra e della guerra fredda. Era ancora molto amareggiato per non essere stato eletto Presidente del Senato, carica che gli avrebbe permesso – disse – di influire sul dittatore russo affinché si potesse chiudere la guerra all’Ucraina. Quel pomeriggio di marzo ad Arcore era cupo e freddo e la famosa magione era buia e tristissima, Berlusconi era seduto con la sua fidanzata Marta Fascina ed era molto sofferente. Per l’invasione dell’Ucraina era tutta colpa di Zelensky:Io lo so com’è fatto Vladimir. Neanche ve lo immaginate”, mi disse.

Io ne avevo una certa esperienza a partire dal 2008, quando la Russia invase la Georgia (la prima guerra di invasione in Europa dai tempi di Hitler e la Polonia). “Il mio amico Putin mi ha detto oggi che attaccherà per le palle a un albero il presidente georgiano Saakashvili”, ci disse Berlusconi nella sala del Mappamondo della Camera. Mi alzai e me ne andai annunciando attraverso il mio blog che ne avevo abbastanza di questa accondiscendenza per le aggressioni putiniane. Feci un tale casino per la Georgia e contro Putin che il Presidente georgiano Saakashvili, quello che doveva essere inchiodato per le palle, venne a Roma a ringraziarmi nella sede del Partito liberale. Berlusconi mi telefonò a casa dopo qualche giorno: “Ma si può sapere che cosa ti ho fatto?”. Risposi: “E me lo chiedi? Stai coprendo tutte le aggressioni del tuo amico Putin, risposi”. E lui: “Io sono l’unico che lo conosce e gli sa parlare e posso garantirti che Vladimir è un uomo dolcissimo se non gli si fanno ingiustizie”. “Dolcissimo?”, chiesi. Confermò. E mi disse che lo scontro con la Georgia era avvenuto per una cannonata georgiana finita su un banchetto di nozze. È chiaro che per quanto uno possa essere di temperamento dolce, poi risponde a cannonate.

Quel rapporto fra Silvio e Putin ha costituito per me e per molti un vero problema, ma per qualcuno più di altri, perché Berlusconi strinse la sua profonda amicizia con lui poco prima del famoso evento di Pratica di Mare durante il quale fu firmato il patto fra la Nato e la Russia a cui accennavo prima. In genere, dicevo, di quella cerimonia si ricorda soltanto l’elemento mediatico un po’ forzato della stretta di mano. Ma il vero evento di quel giorno fu che la Russia di Putin fu accolta nella Nato e Putin firmò con gli altri 19 capi di Stato e di governo. La Russia, cara Tiziana, accolse l’invito ad entrare nella Nato, un’alleanza nata per fronteggiare la Russia in caso di guerra. E poi finì tutto a puttane, come si dice nelle Cancellerie. Ma la storia di Putin, dei cervi, della Nato e di Berlusconi onestamente certo di aver chiuso il ciclo delle guerre, mi è tornata in mente e ho pensato di raccontarla a te e ai nostri lettori.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.