Il caporalato e le minacce per chi alza la testa
La storia di Didier e dei tanti migranti schiavizzati: basta solidarietà, servono vere misure di inclusione

È una storia di bieca disumanità e profondo razzismo, oltre che di illegalità, quella che è accaduta a un giovane lavoratore ivoriano a Materdei. E ciò che fa ancora più male è pensare alla violenza e alle umiliazioni che ha dovuto subire per due anni interi, senza regolare contratto e con una paga vergognosa. La storia di Didier, il coraggio della denuncia, raccoglie e dà voce alla paura, agli abusi, alle mortificazioni e allo sfruttamento di tantissime persone che come lui non hanno la forza oppure gli strumenti per difendersi o per farsi rispettare e continuano a subire nel silenzio e nell’ombra.
Didier è un richiedente asilo, è venuto nel nostro Paese in cerca di protezione, per essere tutelato, per sentirsi finalmente al sicuro. E invece, dopo essere fuggito dal suo Paese e da una realtà fatta di violenze e persecuzioni, ne ha dovute subire altre. Questa storia, come ha affermato l’avvocato difensore di Didier, Hilarry Sedu, è finita in Procura: probabilmente sarà aperta un’indagine, poi spetterà poi ai tutori della legge indagare e chiuderla (noi ce lo auguriamo fortemente) in maniera adeguata e in nome della sacrosanta giustizia. Ma, come dicevo, non tutte le storie hanno voce, non tutte le storie sono portate alla luce e denunciate. Tantissime sono quelle rimaste o che rimarranno senza giustizia. Basta guardarci intorno: quante lavoratrici e lavoratori stranieri sono maltrattati e sfruttati quotidianamente?Quanti lavorano in nero con paghe da fame e senza alcuna sicurezza, mettendo a repentaglio la propria vita nelle nostre campagne ma anche in altri settori come l’edilizia, il commercio e i servizi. Lo sfruttamento degli stranieri e il caporalato non sono solo un fenomeno illegale che va perseguito, ma anche la forma di razzismo per eccellenza perché colpiscono la “carne viva” delle persone, negando loro i diritti basilari, abusando vigliaccamente delle loro debolezze. È una forma di ricatto continua per chi è clandestino, per chi non ha un regolare permesso di soggiorno, per chi è completamente invisibile perché teme di essere espulso e di ritornare nell’inferno dal quale è fuggito. Il lavoro sommerso è una piaga tutta italiana che non fa sconti a nessuno, né agli autoctoni né agli stranieri, Secondo l’Istat, riguarda il 12% del nostro pil, ma questo valore per buona parte include proprio gli immigrati.
Sono tenaci le battaglie che Cgil, Cisl e Uil conducono su questo fronte, a cominciare da quella contro il caporalato. In Italia abbiamo buone leggi, ma devono essere applicate e per farlo servono ispettori e controlli a tappeto. Serve smantellare il sistema dell’intermediazione illecita e dei caporali, rendendo più tempestivo l’incontro tra domanda e offerta, magari facendo funzionare, riformandoli e riorganizzandoli, i centri per l’impiego. È importante, poi, che il lavoratore immigrato che denuncia il datore di lavoro sfruttatore venga protetto e non corra il rischio di essere espulso perché privo del permesso di soggiorno. Bisogna aggiungere un altro dato significativo su caporalato e lavoro sommerso che è quello dei canali regolari di ingresso in Italia per motivi di lavoro: uno strumento importante per arginare i viaggi della disperazione che hanno arricchito trafficanti senza scrupoli, causando la morte di migliaia di persone nel Mediterraneo.
Noi parliamo e sentiamo parlare spesso di integrazione, ma siamo lontani dall’avere risultati meritevoli, pieni, sia in Italia che in Europa. Lo abbiamo visto anche con la pandemia quali sono stati gli interventi e le azioni politiche a favore degli immigrati, a parte l’imbarazzate tentativo di “sanatoria” per agricoltori, colf e badanti, i quali, a un anno e mezzo dalla richiesta, aspettano ancora il permesso di soggiorno. La vera integrazione passa attraverso il lavoro e l’accesso legale al lavoro; attraverso la scuola e la formazione; conoscendo e qualificando anche il know how dei migranti che arrivano nel nostro Paese, rafforzando le relazioni bilaterali e la cooperazione con i Paesi di origine attraverso accordi che possano facilitare e sostenere una migrazione regolare e l’inserimento lavorativo e occupazionale dignitoso, promuovendo azioni che davvero permettano la partecipazione dei migranti alla vita sociale, economica e culturale dell’Italia.
Il fenomeno delle migrazioni è mondiale e riguarda tutti, non solo questa o quella costa, questo o quel Paese, ed è un fenomeno che non si può arrestare o evitare: va affrontato con politiche adeguate, lungimiranti, responsabili da parte di tutte le Nazioni. Restando in Italia e in Europa, è necessario superare anche il meritevole e importantissimo atteggiamento solidaristico. Noi non dobbiamo semplicemente “accogliere”, ma rafforzare un sistema di integrazione e inclusione sociale che tuteli l’uomo, il lavoratore, il cittadino (e sui criteri per ottenere la cittadinanza italiana servirebbe un altro capitolo) a prescindere dal Paese di provenienza: un sistema capace, nello stesso tempo, di essere volano di sviluppo e di crescita per i nostri territori e per la nostra economia.
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