Il ragazzino arrivato in Italia a fine agosto
La storia di Karim, il 13enne afghano salvato dai medici di Napoli: “La fuga, il tentativo di suicidio, ora sta bene”
Senza genitori e parenti, era arrivato in Italia con l’ultimo volo disponibile partito, lo scorso agosto, dall’Afghanistan caduto nuovamente dopo vent’anni nelle mani dei talebani. Il piccolo Karim (nome di fantasia, ndr), 13 anni, è stato salvato dai medici del Secondo Policlinico di Napoli. I sanitari, grazie anche alla collaborazione di un mediatore culturale, lo hanno convinto a curare il diabete, facendolo uscire da un disagio che lo aveva portato a un tentativo di suicidio mentre era ricoverato in ospedale.
Karim è stato dimesso oggi, mercoledì 13 ottobre, dall’Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Neuropsichiatria Infantile della Federico II di Napoli. Il ragazzino, accolto in una casa famiglia nel Cilento, aveva tentato la fuga in bicicletta nel disperato tentativo di raggiungere un parente in Francia. Durante la fuga Karim si sente male, i medici che lo prendono in cura scoprono che il ragazzo è diabetico e viene ricoverato. Lui però non accetta di stare in ospedale e ha difficoltà a comprendere quello che sta accadendo e così arriva a un gesto estremo, buttandosi dalla finestra. Solo l’intervento tempestivo da parte dei sanitari e degli accompagnatori scongiura il peggio.
A questo punto Karim viene portato alla Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Federico II, guidata da Carmela Bravaccio, dove si lavora per sostenerlo nel percorso di accettazione di diagnosi e cura del diabete, ma anche vagliare lo stato mentale. Nonostante le difficoltà legate alla lingua e alle diverse usanze, l’intervento di un mediatore culturale consente l’instaurarsi di un rapporto di fiducia con il personale sanitario. Karim impara a fidarsi e apprende gradualmente informazioni mediche e gestionali riguardanti il diabete e un supporto finalizzato a restituire una prospettiva nuova e diversa di vita.
Un lavoro di equipe, dunque, che ha visto interfacciarsi, ognuno per le proprie competenze, medici diabetologi pediatri, assistenti sociali e neuropsichiatri infantili, in rete con il territorio e con le istituzioni giuridiche preposte alla gestione di un caso tanto delicato. Il percorso di gestione d’urgenza si è concluso con un lieto fine, ma non si conclude il percorso clinico e di follow-up per un caso che necessita di attenzione da parte delle istituzioni e dei servizi del territorio.
“La storia di questo bambino – sottolinea il direttore generale Anna Iervolino – ci ricorda la ragione per la quale il nostro lavoro nell’area della Neuropsichiatria infantile e’ essenziale. Il vissuto di Karim è legato agli orrori dai quali è dovuto fuggire, storia come ce ne sono tante. Per questo la nostra Azienda Ospedaliera Universitaria intende continuare a fare rete con il territorio per garantire risposte concrete in situazioni di grande complessità diventando sempre più un polo di riferimento, non solo regionale, per le emergenze-urgenze in ambito neuropsichiatrico”.
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