Mutilare e sbarrare il futuro del popolo ebraico
La strage di innocenti in Israele, il futuro decapitato in culla: l’angoscia di tornare ad essere ospiti di patrie altrui
Torna come un fantasma la grande questione: non vedete che voi ebrei siete oggi come ieri degli intrusi nella storia e nella geografia?
Cerca, o Israele, i tuoi figli nei sacchi di plastica del Kibbuz di Kfar Aze. E quando li avrai trovati e messi i loro brandelli sulla terra, vedrai che non sarà facile contarli perché quegli esseri umani cui era destinato il futuro, sono morti per una scelta politica e non come “eccesso”, come “mostruoso atto di barbarie”. Sono morti perché si trasformassero in messaggio. E solo ieri, dopo aver letto con orrore e con pazienza l’insanguinato telegramma, gli israeliani, più ancora del loro governo, si sono resi conto di trovarsi di fronte non soltanto a una inaudita mostruosità. Ma di fronte a una sfida esistenziale: vivere o morire. Allevare figli per il domani o fuggire. Di questo, più che dell’orrore, dei pianti senza lacrime e della paralisi affettiva, parlano oggi gli abitanti di quel minuscolo Paese che è lo stato di Israele.
La politica segue. Ed infatti il primo ministro Bibi Netanyahu e il capo dell’opposizione Benny Gantz hanno letto e trovato l’accordo per un governo di guerra. Non di emergenza. E questa decisione è stata accolta con sollievo perché chiude la fase dello sbalordimento per uno Stato assente, con Zahal ridotta a contarsi i morti e del Mossad millantatore.
Ci sono voluti tre giorni di analisi politica, geopolitica, militare, di valutazione del consenso e della solidità delle alleanze fondamentali, prima di tutto gli Usa che hanno dato luce verde, mentre l’Onu si è affrettato a dire no, e l’Unione europea affogata nei distinguo. Leggendo i blog e i think tank si capisce che c’è molto di più di una valutazione dell’equa misura dei bombardamenti su Gaza: la decisione di dichiarare uno stato di guerra totale è la conseguenza della lettura completa del messaggio chiuso nei sacchi di plastica del kibbuz di Kfar Aze. Il messaggio spiega l’atroce ma esplicita scelta di Muhammed Daif, stratega semiparalizzato di Hamas. Ed è la stessa grazie alla quale Hamas conquista, dopo quelli di Gaza, gli applausi dell’Autorità palestinese per dilagare in tutto il mondo arabo che finalmente vede una via da seguire, un obiettivo da raggiungere: far morire Israele, decapitandone il futuro in culla. Non faceva così anche Erode il Grande? È un programma su cui è facile mettere sunniti e sciiti, perché è elementare: “Vogliamo uccidere tutti coloro che fanno parte dell’entità ebraica. Non vogliamo la pace, né uno Stato palestinese. Ma che l’entità ebraica sappia di non avere futuro e di non poter difendere i suoi figli. Ecco perché abbiamo deciso di giustiziare i loro neonati: vogliamo uccidere il loro futuro”.
Questo c’è di nuovo nell’animo di Israele: l’angoscia di tornare ad essere non più persone di una patria ma ospiti di patrie altrui, o “cosmopoliti”, l’aggettivo prediletto da Stalin per praticare un antisemitismo che non sembrasse quello di Hitler. Cosmopoliti e sradicabili come i violinisti volanti di Chagall, quando il violino era lo strumento prediletto degli ebrei perché è facile portarselo dietro quando si fugge. L’umanità ha perso confidenza col valore politico delle “stragi degli innocenti”, un tema noto soltanto per la pittura di Giotto, Raffaello, Rubens, Guido Reni e tanti altri. Non si tratta soltanto di un delitto ripugnante e terroristico, ma della più antica dichiarazione di guerra per sterminio. Certo, migliaia di bambini hanno raggiunto il cielo attraverso i camini di Auschwitz. Ma quel delitto era più affrettato. È diverso quando si scopre che il terrorista era venuto per cercare le tue culle o i letti dei genitori. Uccidere i neonati è un atto non di terrorismo ma esprime il programma, già in fase attuativa, di mutilare e sbarrare il futuro del popolo di cui si uccidono i bambini. Questo è il significato su cui Israele riflette mentre il mondo anche dei più benevoli amici di Israele spera di rimuovere alla svelta troppi dettagli orrendi, simulando tutt’al più un’ansiosa preoccupazione per l’eccesso del castigo che sarà inflitto ad Hamas e ai suoi sostenitori.
Ed ecco che, dopo lo spettro del cosmopolitismo, torna per il popolo d’Israele il timore dell’isolamento e della solitudine e lo sente trovando elusiva la tanto affettuosa solidarietà (quante cose orrende accadono oggi nel mondo!) ma torna come un fantasma la grande questione: non vedete che voi ebrei siete oggi come ieri degli intrusi nella storia e nella geografia? E che milioni di arabi sia musulmani che di altre religioni e persone molti accademici, ballano e festeggiano come accadde l’Undici settembre del 2001 o come fu durante l’invasione di Young pur nel 1973?
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