Finalmente oggi e domani si vota anche in Italia per eleggere i nostri rappresentanti al Parlamento europeo. Nei discorsi formali sentiamo sempre più parlare dell’importanza dell’Europa e delle sue istituzioni. Però nella nostra campagna elettorale, di Europa e delle scelte e delle politiche dell’unione europea, si è parlato pochissimo. L’impressione è che sia stata una campagna elettorale strana, senza confronti e senza reali sussulti. La mia deformazione di matematico mi porta sempre a cercare di capire perché i politici siano così incapaci di fare il loro lavoro. Uno dei lavori che dovrebbero fare prima di esprimere un concetto, prendere una decisione o opporsi ad una decisione presa dagli avversari, sarebbe quello di utilizzare i dati. I numeri. Le statistiche. E di occuparsene non solo per leggere i sondaggi, che spesso li orientano sulle tendenze generali, ma che andrebbero guardati e analizzati molto più a fondo.

Prima ancora di parlare, gli esseri umani hanno dovuto contare. Prima del linguaggio, hanno inventato segni e modi per contare le cose intorno a loro. I numeri sono la prima e più essenziale forma di conoscenza. L’arte del contare è andata via raffinandosi e ha preso molte strade, l’aritmetica, la misurazione dello spazio, la geometria. E la statistica. La parola statistica deriva da stato, essere. Una delle sue origini più recenti si fa risalire allo statisticum collegium dei romani, che era un organismo che riuniva uomini che si occupavano di gestione della cosa pubblica e che fondavano – giustamente – le loro decisioni sui numeri che li aiutavano a conoscere la realtà. Possiamo definire la statistica una branca della matematica che si occupa della raccolta, dell’analisi e della interpretazione dei dati. Essa fornisce un metodo scientifico per raccogliere, organizzare, classificare e analizzare i dati e trarre delle conclusioni.

Sostanzialmente la statistica analizza due cose di fondo: le tendenze centrali e la dispersione dalle tendenze centrali. Chiunque, anche chi è totalmente a digiuno di matematica, può capire cosa è una media e la distanza dei valori diversi dai quali si giunge alle media. La statistica è essenziale per altre discipline oggi sempre più importanti. L’informatica, l’analisi degli algoritmi, i big data. Tutto questo, e quello che sappiamo della vita in ogni campo del sapere, senza la statistica non esisterebbe. Gli unici ad ignorarlo sembrano essere i politici.

Prendiamo le politiche di Giorgia Meloni sull’immigrazione e sulla demografia. Ogni anno l’Italia perde una città come Bologna o Palermo, di circa mezzo milione di popolazione. Ci stiamo svuotando e invecchiando. Gli unici dati in controtendenza sono forniti dall’immigrazione e dai nuovi cittadini italiani arrivati da altre parti del mondo. Invece di promettere qualche soldo, del tutto insufficiente, per incrementare le nascite, bisognerebbe incrementare i salari bloccati da vent’anni, fare una seria politica per la casa, fare asili nido e farli funzionare a prezzi accessibili. E poi occorrerebbe una intelligente e accorta politica dell’immigrazione, perché l’Italia ha bisogno di immigrati.

Ma lei, Giorgia, urla nelle piazze slogan per raccattare qualche voto, contro la statistica e ignorando di essere suo, e nostro malgrado, una statista. Vogliamo parlare del fisco? Si oscilla tra proclami e rottamazioni. Però il tema è che l’evasione vera, quella non la colpisce nessuno. Basterebbe leggere i dati e capire da dove proviene. E vogliamo parlare del giustizialismo di Conte e Schlein? Il novanta per cento e più dei processi per reati “politici” finisce in assoluzioni. Vogliamo fare il calcolo di vite rovinate e di soldi buttati in indagini e processi letteralmente inventati?

L’elenco sarebbe lungo. E veniamo all’Europa. Basterebbe leggere i dati economici e sociali dei nostri paesi fratelli europei per capire la strada e le riforme che dovremmo fare insieme. E i dati mondiali per capire che occorrerebbe una nuova Europa più coesa e, possibilmente, federale. Ma come si fa? La propaganda prevale sulla politica. L’opportunismo sulle idee. L’ ignoranza sulla conoscenza. Il voto è importante. Però la politica dovrebbe capire che bisogna anche dare motivazioni al voto dei cittadini.

Pietro Maiorana

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