La rubrica culturale
La tigre di Noto, una donna affamata di pace e verità: il romanzo di Simona Lo Iacono

Il tempo che viviamo – la guerra, la pace che tarda ad arrivare – è propizio per leggere un libro uscito un anno fa: La Tigre di Noto, di Simona Lo Iacono (Neri Pozza, pp.171, euro 17). La storia romanzata di un personaggio della nostra storia culturale, in specie femminile, infatti, ispirata all’autrice da recenti e inaspettati ritrovamenti, è tutto un invito a esercitare la memoria personale e collettiva come vero fondamento su cui edificare il presente.
Marianna Ciccone nacque a Noto da una famiglia agiata e, insofferente al destino prescritto a una donna cresciuta tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, decise di lasciare l’isola – e l’isolamento – e fiondarsi nella capitale per studiare matematica (seguì poi anche la laurea in fisica): attratta dalla capacità di tali discipline di restituire il senso misterioso della creazione in formule dominabili, la nostra protagonista vive la ricerca come parte integrante, in un modo invincibile, il fenomeno della propria quotidianità. Sono epifanie le riflessioni dell’io narrante sulla luce e sul buio (“la luce veniva stanata dal niente”), e sull’importanza di quel che è scarto, margine, residuo: il movimento dell’indeterminato alla base della fisica quantistica, il processo di incessante modificazione dello spazio nelle leggi di Einstein (“L’umanità vive una condizione così precaria che non può che rinnovarsi dal poco, più che da molto. Dal debole, più che dal forte”).
A questa fame di ricerca e verità Marianna Ciccone associa scelte esistenziali precise: non si sposa, si dedica all’insegnamento, trascorre un periodo fecondo a Darmstadt dove conosce il futuro premio Nobel Herzberg, ritorna in Italia per insegnare alla Normale di Pisa. Le pagine sui bombardamenti che colpirono quella città, sulla fuga di docenti e studenti, sulla cocciuta permanenza di Marianna a custodia dei libri della biblioteca sono tra le più intense del romanzo, e proprio oggi risuonano a un tempo sinistre e commoventi. Durante un bombardamento, la professoressa si troverà tra le mani il peso leggero di una creatura, e comincerà a esercitare una maternità libera e generosa che Lo Iacono costruisce come struggente compimento di un destino: non diremo altro della storia se non che, con pazienza, la Ciccone salvò migliaia di volumi, talvolta preziosissimi, legati all’ebraismo, che erano stati fatti oggetto di un vasto programma di “sterminio culturale” da parte dei nazisti in tutta Europa.
Essi sapevano bene che l’eliminazione della memoria è il vero trampolino per gettare l’umanità nel baratro dell’oppressione mascherata da ideali superiori. Toccante il documento che attesta il ringraziamento del rettore della Normale: “So quale parte Ella, nella sua qualità di Aiuto, unico del personale sempre presente, abbia avuto nel proteggere gli interessi dell’Istituto e dell’Università anche quando il suo fermo contegno avrebbe potuto cagionarLe serie conseguenze. Non posso fare a meno di porgerLe il vivo ringraziamento dell’Università e mio particolare e di tributarLe il mio incondizionato encomio”. Il ringraziamento diventa nostro oggi più che mai e si estende alla prosa della Lo Iacono, luminosa e morbida, che accoglie e comprende.
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