Cosa succede nelle Procure della Liguria?
La toga antimafia in chat: “Quei magistrati sono banditi”, ma il Csm archivia tutto

Cosa succede nelle Procure della Liguria? Ci sono dei segreti che non possono essere raccontati? Alcuni pm hanno qualcosa di indicibile da nascondere? Sono tutte domande che non avranno mai una risposta perché il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di archiviare frettolosamente la pratica aperta nei confronti di Anna Canepa, attuale sostituto presso la Procura nazionale antimafia. L’inquietante vicenda, mai raccontata sui grandi giornali, inizia a luglio del 2018 e, come capita spesso, vede coinvolto Luca Palamara. Siamo alla vigilia della nomina del nuovo procuratore di Savona e Anna Canepa, toga di punta di Magistratura democratica, decide di scrivere allo zar delle nomine, in quel momento potentissimo e super riverito componente della Commissione per gli incarichi direttivi di Palazzo dei Marescialli.
«Scusa se ti disturbo, domani dovreste discutere del procuratore di Savona, è uno snodo fondamentale», scrive Canepa a Palamara. «Sono in corsa Arena (Giovanni) e Landolfi (Alberto), uno di Mi (Magistratura indipendente) e l’altro di Ai (Autonomi&indipendenza)», prosegue la magistrata antimafia. «Ma non è questo il problema. Sono 2 banditi incapaci», puntualizza, ricordando che «il migliore è Ubaldo Pelosi, attuale facente funzioni». Il messaggio si chiude con un «grazie e buon lavoro». «Ok tesoro», gli risponde subito Palamara, lasciando trasparire grande confidenza. «Mi raccomando», aggiunge allora la magistrata. E Palamara: «Assolutamente si». La segnalazione, per la cronaca, andrà in porto e Pelosi verrà nominato procuratore di Savona e i due continueranno a fare servizio a Genova.
La chat fra Canepa e Palamara diventa di pubblico dominio nel 2020, con la pubblicazione della messaggistica dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Il Csm, non potendo fare altrimenti, decide di vederci chiaro. In particolare su cosa volesse intendere la toga della Dna con il termine “banditi”. L’accertamento viene svolto con tutta calma: il 7 dicembre dello scorso anno. «Io ho lavorato per 10 anni alla Dda di Genova», dice la magistrata davanti ai consiglieri del Csm, affermando di conoscere bene il territorio ligure e, verosimilmente, i due colleghi. «Ci voleva una figura molto specchiata di procuratore», prosegue. «Ho ritenuto – aggiunge – di dover esprimere un parere, non li ritenevo soprattutto dal punto di vista morale», evidenziando dunque che non era un problema di «appartenenza correntizia ma di opportunità: ci voleva una persona specchiata moralmente». In pratica la segnalazione nasceva dalla preoccupazione che a Savona vi potesse finire «una figura così discutibile».
A queste affermazioni, i togati del Csm decidono sorprendentemente di non replicare, e passano ad interrogare i vertici della Dna, ad iniziare dall’allora procuratore Federico Cafiero De Raho, che però non fornisce particolare significativi. Dei diretti interessati viene sentito solo Arena che ha affermato di essere «stupito del giudizio» della collega e di non ritenersi «assolutamente un bandito». Arena avrebbe poi presentato querela nei confronti della toga antimafia. E non è stato sentito Palamara che, dal tenore delle risposte, pareva fosse a conoscenza di quanto affermato dalla magistrata. Nei libri di Palamara, pieni di particolari di ogni genere, di questo episodio non c’è traccia. Circostanza alquanto sospetta.
Se Arena è rimasto a Genova, Landolfi, invece, nel frattempo ha lasciato il capoluogo ligure e rappresenta il governo italiano in Marocco, nominato dall’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. In servizio a Rabat si occupa di terrorismo internazionale, traffico di droga e foreign fighters. Incarico di assoluto prestigio che difficilmente il governo avrebbe potuto affidate ad un bandito. Senza altri approfondimenti, come detto, il Csm ha deciso di archiviare la pratica. Il voto del Plenum è previsto per stamani. In Commissione non aveva partecipato al voto per l’archiviazione il pm antimafia Nino Di Matteo. Forse proprio perché ha prestato servizio alla Procura nazionale antimafia, ufficio dove tornerà fra qualche mese e vi troverà la magistrata.
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