Giorni fa alcuni giornali, tra cui questo, hanno dato notizia che la Ministra Cartabia, in risposta ad una interrogazione dell’On. Costa, ha fornito i dati relativi alle valutazioni di professionalità dei nostri magistrati. La ministra ha indicato che le valutazioni positive negli ultimi anni sono state 7394 su 7453, cioè il 92% del totale. Sono dati in linea con quelli da me ripetutamente pubblicati sulle valutazioni professionalità dei magistrati a partire dal 1966 (in certi periodi le valutazioni positive sono state anche più elevate: oltre il 95%).

Per quanto i dati forniti dalla Ministra Cartabia all’On Costa siano già di per sé rilevanti nell’indicare la drammatica assenza di garanzie offerte al cittadino sulla preparazione e diligenza di chi, giudice e pubblico ministero, è chiamato a tutelare le sue libertà ed i suoi beni, tuttavia non sono i soli dati rilevanti a riguardo. Mi limito ad indicare solo tre aspetti delle valutazioni di professionalità che sono utili a comprendere come il Csm abbia con pervicace costanza voluto abolire sostantive valutazioni di professionalità dei magistrati nei 40-45 anni della loro permanenza in servizio. Potrebbero costituire oggetto di successive, nuove interrogazioni dell’On Costa.

Il primo. I numeri e le percentuali fornite dalla Ministra non sono completi. Non tengono, infatti, conto delle numerose valutazioni di professionalità che vengono fatte allorquando, al termine del tirocinio iniziale di 18 mesi, il Csm valuta l’adeguatezza dei neo reclutati all’esercizio delle funzioni giudiziarie. Le valutazioni negative sono rarissime. Si contano sulle dita di una mano. Che la Ministra Cartabia non abbia tenuto conto di queste valutazioni non solo indica che la percentuale delle valutazioni di professionalità positive effettuate dal Csm è superiore a quella già molto elevata da lei fornita, ma anche che l’aver trascurato di considerare questa valutazione le ha impedito di vedere un problema che queste particolari valutazioni generalizzate pongono per la qualità del servizio giustizia: gli esami di ammissione in magistratura sono di natura teorica e, come mostrano le mie ricerche, non solo sono scarsamente attendibili nel valutare le conoscenze dei candidati, ma anche che la stragrande maggiorana dei i nuovi magistrati riceve votazioni molto basse negli esami scritti da moltissimi anni: ad esempio, per i 680 magistrati nominati con D.M. 2 febbraio 2018 e D.M. 8 febbraio 2019: la percentuale delle votazione minime negli esami scritti (cioè 36 su 60) è stata superiore al 45% e quella delle 5 votazioni più basse (cioè da 36 a 40 su 60) è stata di oltre l’85%. A me sembra che in una prospettiva riformatrice delle valutazioni di professionalità anche questi dati dovrebbero essere presi inconsiderazione.

Il secondo aspetto. Per effettuare promozioni generalizzate il Csm ha deciso che persino l’esperienza giudiziaria è irrilevante ai fini delle valutazioni di professionalità dei magistrati. Basti ricordare che il Csm ha promosso con elevate valutazioni molti magistrati che da moltissimi anni, a volte anche vari decenni, non avevano svolto funzioni giudiziarie ma attività amministrative in vari apparati dello Stato o attività di natura politica. Gli esempi sono moltissimi. Ne faccio solo uno di facile comprensione anche per i non addetti ai lavori. Un personaggio molto noto, Anna Finocchiaro, entrò in magistratura nel 1982 e dopo 5 anni, quando era ancora al livello più basso della carriera, venne eletta in Parlamento ove venne rieletta ripetutamente, e ove rimase fino al 2018. Nel corso dei 31 anni in cui svolse attività politica, parlamentare e di governo venne al contempo ripetutamente valutata professionalmente come magistrato e promossa dal Csm dal livello più basso a quello più elevato della carriera giudiziaria, senza aver svolto per un solo giorno attività giudiziarie, giungendo così ad una promozione che la qualificava a svolgere funzioni giudiziarie di grande responsabilità come, ad esempio, quelle di presidente di sezione della corte di Cassazione, o Procuratore generale di corte d’appello.

Ho scelto di ricordare il caso di Anna Finocchiaro e non quello di altri magistrati che come lei hanno percorso la carriera giudiziaria mentre svolgevano a tempo pieno attività amministrative o politiche perché lei, a differenza di altri, ha preferito dimettersi dalla magistratura piuttosto che tornare ad esercitare funzioni di grande responsabilità come quelle giudiziarie senza avere maturato la necessaria esperienza operativa e professionale. Una decisione certo commendevole ma che al contempo evidenza l’assurdità delle decisioni del Csm di valutare la professionalità dei magistrati e promuoverli in base all’anzianità, a prescindere persino dalla effettiva esperienza giudiziaria. E’ cosa non prevista da alcuna legge ma solo frutto di decisioni discrezionali del Csm.

Il terzo aspetto. La Ministra Cartabia non ha fornito indicazioni su quali siano le ragioni per cui solo in pochi casi il Csm non valuta positivamente i magistrati nel corso dei 40 anni della loro permanenza in servizio. In altre parole non ha indicato quali siano i comportamenti dei magistrati che costringono il Csm ad abbandonare, seppur solo raramente, un impegno che si è assunto da oltre 50 anni e cioè quello di promuovere tutti i magistrati sulla base dell’anzianità. Conoscere questi dati è certamente importante per valutare il grado di efficacia di una sistema di valutazione della professionalità. Avendo letto i verbali del Csm dal 1959 al 2017 conosco la risposta che è sommariamente questa: la grande maggioranza dei pochi magistrati che il Csm non valuta positivamente sono quelli che hanno ricevuto gravi sanzioni disciplinari, a volte connesse a procedimenti penali. La relazione disfunzionale che esiste tra valutazioni di professionalità e giudizi disciplinari è stata, peraltro, efficacemente illustrata dal Procuratore Generale della Cassazione Pasquale Ciccolo che, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, dopo aver ricordato che solo lo 0,58% dei magistrati non aveva ricevuto valutazioni positive, affermava che un maggior rigore nelle valutazioni di professionalità «potrebbe evitare che il sistema disciplinare costituisca la sede sulla quale riversare, quasi a modo di funzione suppletiva a posteriori, la soluzione ultima di tutti i momenti critici della giustizia».

Ho letto con attenzione le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario formulate dalla commissione ministeriale nominata dalla Ministra Cartabia e presieduta dal Prof. Luciani. Delle disfunzioni sin qui indicate, che certamente non sono le sole, quella Commissione non tiene alcun conto, così come non ne tengono conto le proposte di riforma della stessa Ministra. Quali le ragioni? Forse non conoscono questi fenomeni e alcune delle loro più rilevanti implicazioni? Oppure ritengono che si tratti di disfunzioni di scarsa rilevanza? Oppure, al pari delle altre commissioni di riforma e di altri ministri del passato, ritengono che sia inutile proporre riforme che siano sgradite alla potente corporazione dei magistrati? Forse anche i nostri lettori vorrebbero risposte a queste domande? Dubito che le avranno.

Due postille
La prima per ricordare ai lettori che in nessuno dei paesi democratici ove i magistrati rimangono in servizio per una quarantina di anni (Germania, Francia, Spagna e così via) le promozioni avvengono per anzianità. Vengono invece effettuate valutazioni selettive con graduatorie di merito. Di conseguenza mentre negli altri Paesi solo un numero molto ristretto di magistrati raggiunge l’apice della carriera, in Italia la raggiungono tutti i magistrati con i vantaggi anche economici che questo comporta. Forse la minore efficienza del nostro sistema giudiziario rispetto a quelli gli altri paesi dipende anche da questo.

Seconda postilla. L’assenza di reali valutazioni di professionalità genera una pluralità di disfunzioni ben più numerose di quelle dianzi indicate, tra cui il rilevante ruolo che le correnti della magistratura esercitano sulle decisioni del Csm, come ho già scritto anche su questo giornale il 29 gennaio scorso.