E così il momento è arrivato. La prima informazione di garanzia alla premier, insieme ai ministri Nordio, Piantedosi e Mantovano per peculato e favoreggiamento nei confronti del generale libico Almasri. Lo sapevamo tutti che sarebbe arrivato un regalino dalle toghe, era previsto e prevedibile. Se Giorgia Meloni abbia mai pensato di essere diversa, perché “non ricattabile”, e che il potere dei procuratori l’avrebbe risparmiata, vorrebbe dire che è un’ingenua, e sappiamo che non lo è.

Quindi dovrebbe sapere, e siamo certi che da un po’ di tempo lo sa anche lei, che quel che è successo agli altri, quel che ha posto termine alla prima repubblica e ai suoi governi che hanno garantito la democrazia nel nostro Paese, e subito dopo a Silvio Berlusconi, è stata guerra. Una guerra dura per il potere. E sappiamo chi l’ha vinta, fino a ora.

Lei avrebbe potuto far finta di niente. Ma nel momento stesso in cui ha infilato nel paniere del programma di governo la separazione delle carriere tra avvocati dell’accusa e giudici, e ha scelto come ministro guardasigilli uno come Carlo Nordio, avrebbe dovuto sapere che le sue erano vissute come provocazioni dalle toghe militanti. Cioè da coloro che hanno al loro arco una freccia velenosa e imbattibile, il potere di indagare e anche di arrestare, chiunque, anche i capi di governo.

Il caso Almasri c’entra fino a un certo punto. Sicuramente è spinoso, perché il boss libico è stato scarcerato dalla corte d’appello ma poi espulso e rimandato a casa dal ministro dell’interno. Una scelta politica. Ma in Italia comandano le toghe, o meglio ritengono di comandare.

Ma il 2025 non è il 1994 e il governo Meloni ha una solidità interna inattaccabile, a differenza di Berlusconi. E una grande reputazione internazionale. Mentre non è detto che la compattezza raggiunta dalla casta in toga sulle barricate delle inaugurazioni dell’anno giudiziario, si mantenga tale anche quando lo scontro si fa politico.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.