Le cronache danno notizia, con una certa frequenza, dell’arresto di personaggi, i quali esercitano attività professionali senza avere i relativi titoli. Si legge, così, di falsi commercialisti, di falsi avvocati, di falsi ingegneri etc. La questione diventa particolarmente inquietante quando l’attività esercitata, senza averne titoli, è quella di medico. In tutti questi casi, ed in particolare quando si tratta di falsi medici, la vicenda è presentata come una vera e propria truffa ai danni dei cittadini, i quali affidano la loro salute, i loro beni e comunque il loro futuro a chi è sprovvisto delle competenze necessarie. Nessuno dubita che si tratti di un comportamento non soltanto delittuoso, ma moralmente del tutto inaccettabile.
Ebbene, se si riflette un attimo, è quello che oggi sta accadendo nella gestione della cosa pubblica. Al grido di “onestà, onestà” il valore della competenza è stato derubricato ad accessorio irrilevante e, anzi, addirittura ad elemento di sospetto. Chi è competente è, in qualche modo, connesso ad interessi oscuri. Questo ha determinato che il governo della cosa pubblica sia finito in mano a personaggi che si distinguono, tanto per fare un esempio, nel fatto di gestire un ministero estremamente delicato, come quello degli esteri, confondendo tra Libia e Libano.

È il risultato del famoso principio dell’uno vale uno, che dileggia le competenze e che sostiene che chiunque può fare qualsiasi cosa. In definitiva, secondo questa prospettiva, colui che fa il medico senza avere le competenze è un immorale, che merita la galera. Mentre chi gestisce la cosa pubblica, senza alcuna competenza e pregiudicando il presente e ancora di più il futuro delle nuove generazioni, è persona immacolata.

Questa situazione, già grave durante il governo gialloverde, è esplosa in tutta la sua drammaticità con la pandemia. Che certamente è difficile da gestire, ma che proprio per questo avrebbe richiesto un livello di competenza ancora maggiore dell’ordinario. Ed invece, l’incompetenza e l’incapacità la stanno facendo da padroni. Per convincersene basta dare uno sguardo alla legge di bilancio per il 2021. Ebbene, un bilancio che avrebbe dovuto affrontare i nodi irrisolti della società italiana, destinati ad esplodere nei prossimi mesi per una crisi economica che sta diventando sempre più profonda e che sta destinando milioni di persone al massacro sociale, si è risolta, con il concorso attivo dell’opposizione, in un coacervo di mance e mancette volte a raccattare il consenso elettorale. Così, in una sorta di euforia da deficit, come l’ha definita Carlo Cottarelli (Repubblica del 24 dicembre), sono stati regolati e finanziati, come ha rilevato Sabino Cassese (Corriere della Sera del 29 dicembre) cori, bande musicali, corsi di formazione turistica esperienziale, l’ottavo centenario della prima rappresentazione del presepe, il voucher per occhiali da vista, il piano nazionale demenze, etc. Sono stati moltiplicati gli uffici dirigenziali della Pubblica Amministrazione ed immessi in ruolo, nella stessa Pubblica Amministrazione, persone che se pur idonee non avevano vinto il concorso. Il risultato negativo è duplice. Da un lato, il disavanzo complessivo è stato portato al 10,8% ed il debito pubblico al 158% del Pil, senza che siano state poste in alcun modo le basi per una ripartenza del Paese e per la creazione di nuovi posti di lavoro. Dall’altro il mostro della Pubblica Amministrazione, additato come una delle cause centrali della crisi italiana, ha continuato ad ingigantirsi. La logica, per usare l’espressione di Luca Ricolfi, è stata quella di una società assistenziale di massa, senza considerare che, come l’esperienza dei paesi del socialismo reale ha ampiamente dimostrato, le società assistenziali di massa sono destinate ad un progressivo e drammatico impoverimento e alla negazione di molte libertà.

Queste considerazioni rendono ancora più evidente che un ulteriore dramma si sta consumando rispetto alle risorse europee che vanno sotto il nome di New Generation EU. Non solo un piano adeguato non è stato ancora redatto, ed in questo l’Italia è già in ritardo di oltre un mese rispetto ad altri paesi, ma se si va ad analizzare cosa è successo in proposito, si deve prendere atto che l’ultimo mese è stato speso solo per discutere a quali poltrone spetti il potere di decidere come spendere. Il tema delle poltrone, cioè, è stato prevalente sui contenuti. Né questa circostanza può sorprendere ove si consideri che chi è chiamato a prendere decisioni non ha alcuna familiarità con i contenuti, attesa la sua incompetenza, e quindi l’unico tema su cui può cimentarsi è quello delle poltrone.

La profonda immoralità di questa situazione è resa ancora più evidente dalla circostanza che gli errori del presente non solo faranno esplodere una tragedia sociale nei prossimi mesi, ma si rifletteranno in modo irreparabile sulle future generazioni. Ovviamente, la storia e coloro che pagheranno questi errori non potranno non prendere in considerazione la condotta di chi, come il Presidente della Repubblica ed il Partito Democratico, aveva gli strumenti culturali per rendersi conto di quanto stava maturando.