Le promesse e le proposte di legge dimenticate
La vergogna infinita dei bambini in carcere, uno scandalo che la politica non riesce a evitare
«Entro il 2015 nessun bambino sarà più detenuto». Era il 2015 e l’allora ministro della giustizia Andrea Orlando nel penitenziario di Rebibbia, di fronte a otto mamme incarcerate con i loro figli aveva promesso «la fine di questa vergogna contro il senso di umanità»: «non possiamo privare un bambino della libertà, è innocente ma allo stesso tempo ha diritto di vedere sua madre. – aveva detto Orlando – Abbiamo tre obiettivi da realizzare prima possibile: il primo è la fine della detenzione per questi piccoli, il secondo è quello di rivedere le modalità con cui avvengono i colloqui tra genitori e figli.
Abbiamo firmato un protocollo d’intesa con l’associazione “Bambini senza sbarre” e con il Garante per l’Infanzia per ridefinire l’accoglienza in carcere». Il 15 luglio del 2015 nei penitenziari italiani c’erano 33 donne che stavano scontando la pena con i loro bambini: 15 accolte negli Icam (gli istituti a custodia attenuata per detenute madri) di Milano, Torino e Venezia e le altre 19 in normali carcere. Sono passati 7 anni e i dati ci dicono che al 31 dicembre scorso nel sistema penitenziario italiano si trovavano 18 bambini reclusi. Un anno fa erano 29 e, al 31 dicembre del 2018, 52. La “vergogna” è rimasta tale, le promesse pure. La legge in vigore è la 62 del 2011 e prevede misure alternative al carcere per le madri con figli fino ai sei anni di età, gli ICAM e le case famiglia protette. Nonostante le premesse e i principi che hanno ispirato la legge, la carcerazione non è stata eliminata: l’accesso alle case famiglia protette è molto limitato perché gli oneri di spesa finora non sono stati a carico dello Stato .
Un esempio? Nel secondo rapporto semestrale dell’Ausl di Bologna (dal titolo “Carcere Bologna: il disastro permanente”) Vito Totire nell’agosto 2020 scriveva: «Irrisolto il problema dello spazio per una persona detenuta con bambino; irrisolto nel senso che, dopo tanti anni, ancora non paiono esecutive le norme che vietano la detenzione in carcere di bambini piccoli che devono invece essere ospitati, con le loro mamme, negli ICAM e/o comunque in una struttura alternativa al carcere e diversa a seconda della posizione giuridica della madre; di recente, ancora una volta, la Dozza ha ospitato una bambina di 4 anni, sia pure per pochi giorni! Comunque, fino a quando esiste lo spazio per donna con bambino, lo spazio “rischierà” di essere occupato a discapito della strutture alternative extracarcerarie». Pochi mesi dopo la direzione del penitenziario annuncia che al reparto femminile del carcere sarà inaugurato un nido per ospitare di volta in volta fino a due donne con i loro figli. Il garante regionale Marcello Marighelli ricorda che il nido in carcere è una misura che risale al 1975. No, non si tratta di una soluzione: i bambini devono uscire dal carcere.
La differenza l’ha sintetizzata perfettamente il deputato Paolo Siani (PD): «Ho visitato personalmente l’Icam di Avellino e una casa famiglia protetta di Roma. Sono due mondi completamente diversi: il primo è un carcere, il secondo è il luogo adatto a far crescere un bambino quando rimane con la madre detenuta», commenta. Per questo il deputato aveva depositato a dicembre del 2019 la proposta di legge 2298 per superare i “profili problematici” della legge 62/2011, la norma che dieci anni fa ha istituito gli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam) per “impedire che bambini varchino la soglia del carcere”. Inizialmente sembrava che ci fosse una larga convergenza ma poi tutto si è arenato in Commissione giustizia. La proposta di legge Siani prevede l’obbligo per lo Stato a finanziare le case famiglia protette per detenute madri e l’obbligo per il ministero delle Giustizia di stipulare convenzioni con gli enti locali per individuare le strutture idonee ad accogliere le mamme detenute con i loro bambini.
Il testo della proposta di legge prevede anche alcune modifiche al codice di procedura penale finalizzate a rendere la custodia cautelare delle detenute madri all’interno degli Icam solo nel caso in cui sussistano “esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”. La proposta, se venisse approvata, eviterebbe che per le madri si aprano le porte del carcere ma individuerebbe nelle case famiglia protette la soluzione ordinaria, relegando gli Icam come estrema soluzione.
A dicembre del 2020 con un emendamento alla legge di bilancio era stato previsto un fondo con una dotazione di 1,5 milioni di euro all’anno per il triennio 2021-2024 (4,5 milioni in tutto) per creare un numero di posti sufficiente per accogliere le madri in carcere con bambini.
Si attendeva il decreto attuativo e la ripartizione dell’importo tra le regioni. È arrivato solo 10 mesi dopo (a settembre del 2021) e a oggi le uniche case famiglia protette attualmente attive sono solo a Roma e Milano. Una cosa è certa: in Italia finiscono in carcere bambini che sono innocentissimi perché la politica fatica a trovare una soluzione. C’è una categoria di persone che è condannata a scontare in carcere pene mai commesse, inconsapevoli del destino che gli è stato rilevato.
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