Lettere al Riformista
“La vita dopo la detenzione è un binario morto dove aspetti ma non passa più nulla”
“La vita del detenuto è una lunga marcia attraverso la notte, e si avanza verso un vuoto senza nessuno sbocco”. Scrive così un lettore al Riformista. Attualmente è uno studente di Scienze Politiche relazioni internazionali diritti umani che sta frequentando grazie al Progetto Università in carcere nella sua città. Le sue parole sono preziose, per comprendere meglio le difficoltà delle persone detenute e della tragedia di essere per sempre bollati come “ex detenuti” anche dopo aver scontato per intero la pena. Riportiamo qui di seguito le sue parole.
Dopo aver letto gli articoli in merito al Garante Metropolitano Pietro Ioia, vi scrivo per ringraziarvi, nonostante il vortice di accuse e ignoranza, per aver mantenuto impresso e vivo lo spiraglio di speranza delle persone detenute con le Vostre parole. Mi permetto perché sono stato anch’io detenuto nell’inferno di Poggioreale e conosco bene, anzi benissimo Pietro Ioia, e ricordo quanto ha fatto per i detenuti ristretti presso il reparto Salerno sinistro, volgarmente chiamato dagli agenti penitenziari “quello dei ricchioni”.
Sono stato fortunato, avendo padronanza di linguaggio mi sono salvato da tutti gli abusi subiti, e sono stato trasferito nella mia città. Oggi sono studente universitario in scienze politiche, relazioni internazionali, diritti umani, con il progetto università in carcere dapprima presso il Polo Universitario interno e, attualmente in misura alternativa per gravissimi problemi di salute cagionati da figure losche in quel di Poggioreale, ma non mi arrendo e sto scrivendo quanto accaduto e collaboro con diverse associazioni che si occupano di diritti umani.
Avete perfettamente ragione in merito alla vita dopo la detenzione, io fotograficamente parlando la paragonerei ad un binario morto dove aspetti ma non passa più nulla, ma di fronte a te c’è la vita, i normali, i benpensanti che salgono e scendono dai vari treni. Certezza della pena non vuol dire essere umiliati e morire per mano dello Stato, e io di morti ne ho viste…La vita del detenuto è una lunga marcia attraverso la notte, e si avanza verso un vuoto senza nessuno sbocco. Non si vive, si mantiene in vita solo un corpo che non ti appartiene più perchè è diventato di proprietà del Ministero di giustizia fino al giorno della liberazione…poi inizia un altro tipo di detenzione…la solitudine.
Vi auguro buon lavoro
Con profonda stima.
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