Nel vecchio disordine delle città e dell’Italia, si sentiva nell’aria che girava qualche idea politica. Alcuni dicevano: se lì gira un’idea voglio esserci pure io, voglio provare a capire qualcosa. Il dibattito pubblico era già decaduto dal venir meno delle “fonti” e spesso del senso delle distinzioni che nelle discussioni di idee sono importanti: salvo a non ridurle a slogan, esse formano elementi ordinanti. Le fonti erano confuse, giudicate vecchie, tutte nell’immondizia, ma ancora si poteva scegliere in quale luogo farsi trovare pronto a discutere, dubitare, vedere fantasmi di futuro nel presente, insomma a fare l’esercizio umano di provare a mettere in relazione le cose.

Io penso che la catastrofe delle idee coincida con il 2018, quando si formò, dopo varie esitazioni, il governo della Lega con il Movimento 5 stelle dopo il trionfo elettorale di questi ultimi, già segno di un affondamento del dibattito e dell’intelligenza pubblica. Da allora la discussione delle idee incominciò a sparire, giudicata delittuosa ed eversiva. Ben altro attendeva l’Italia! Bisognava andare alle cose stesse! Si abolivano la povertà, la corruzione e la precarietà, e dimentico sicuramente altro di importante. Ci mancavano solo i grilli parlanti. Siccome il nemico ufficiale era la casta e siccome la casta era qualcosa che aveva provato anche a pensare, essa si arrese sopraffatta dalla nuova ideologia dell’uno vale uno, che suona così democratico – per di più legittimata dal voto che registrava questa uguaglianza.

Tutto cadde in basso e la torsione anticasta della Lega produsse il binomio Di Maio-Salvini, con Conte a fare da passivo e stralunato scendiletto di bella presenza. Siccome dall’altra parte ci fu solo un vocio confuso, e tanta nostalgia di Bersani, che per un momento si credette Togliatti, se devo dire quando incominciò la crisi di struttura del dibattito pubblico io indico quella data fatidica con le sue conseguenze. Il Pd era in chiaro imbarazzo, riconoscendo per istinto – quello non mancava – che gli elettori dei 5 stelle non erano che piddini o ex-pci che avevano finalmente trovato una nuova sponda palingenetica, altro che un banale referendum costituzionale. Una sponda che con gli urli di Grillo la cantava finalmente a tutti. Il dibattito pubblico era sceso nelle piazze, concentrato in urla incomprensibili, ma proprio per ciò perfettamente adeguate alla bisogna. Quel che valeva era proprio l’urlo.

Ognuno capiva quello che voleva secondo la odierna e invadente connessione di massa solitaria. Solo in questo vuoto pneumatico poteva avvenire ciò che è avvenuto, e che non ha nessun precedente in democrazie normali, che lo stesso presidente del Consiglio presiedesse senza l’interruzione di un giorno due maggioranze opposte, tanto uno vale uno, ecco una bella suadente applicazione del principio. Le idee erano state annullate per decreto, passato nella confusione generale e nella follia decretizia, sotto gli occhi vuoti dei poltronisti, così definiti, i parlamentari, dagli stessi che li avevano eletti. Ci mancava solo il coronavirus che ha finito di annientare quel pochissimo di spazio pubblico e di idee che restavano. “Pensare” sembra configurare un azzardo che mette incertezza, quasi una offesa alle tante vittime del virus, quando la parola diventa “annuncio”, e si dice che si sta preparando la più grande rivoluzione di tutti i tempi, si sta reinventando l’Italia e proprio per questo l’idea si giudica dannosa giacché per sua abitudine inveterata essa pone non tanto annunci, ma dubbi, domande, problemi e poi anche decisioni.

Bado a tutto questo, mai visto nulla di simile. Il combinato-disposto “18 marzo 2018” più virus ha annullato il mondo delle idee, dell’informazione corretta, della discussione vera, quando si parte da un punto per giungere a un altro che si raggiunge con la fatica del pensare. Nel frattempo, in un vuoto riempito di chiasso e dalle omelie del prof. Conte, giunge la sentenza della Corte costituzionale che finalmente dichiara illegittima la mancata iscrizione alle anagrafe dei richiedenti asilo, il più antico tra i diritti riconosciuti in Europa, e così mette in campo un’idea. Il dossier giaceva immarcescibile da un anno, ma il Pd, noto cuor di leone, si guardava bene dal rimuovere il mal fatto, anche perché, oltre il cattivissimo Salvini, i 5 stelle, e Conte su tutti, avevano caldeggiato e condiviso la soluzione illegittima. Io, mi trovassi al posto del Pd, avrei imbarazzo se non proprio vergogna. Ma non è anche questo un sentimento obsoleto? Che per di più non verrebbe percepito nel totale vuoto dell’informazione.

Nei pochi spazi appartati e ancora vivi di questo Paese, il tema assillante è lo sfacelo di parte consistente della magistratura italiana, che ha seguito la corrente che prevale nel paese, e si interpreta come un potere assoluto cui è permesso giocare con la dignità delle persone. Un continuo, spericolato vulnus alla democrazia. E meno male che una donna, la presidente Marta Cartabia, ci ha ricordato che cosa può essere una sentenza che accoglie il grido di dolore di un pezzo di umanità abbandonata a se stessa, nell’indifferenza di tutti i partiti, nessuno escluso, giacché, oltretutto, in presenza del coronavirus tutto è permesso, parafrasando Nietzsche che parlava della morte di Dio.

Avatar photo