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L’Abruzzo del vino, una regione ancora tutta da scoprire
La viticoltura in Abruzzo ha una tradizione antichissima che risale addirittura all’influenza degli Etruschi nel VII-VI secolo a.C. I vini locali furono tanto celebrati dai letterati latini, ma dal medioevo in poi l’enologia abruzzese è rimasta nell’ombra per ragioni economiche e sociali. Il rilancio di questo territorio vitivinicolo è pertanto una novità recente, legato agli ultimi venti anni di agricoltura e al merito delle tante cantine cooperative, diffuse soprattutto nella provincia di Chieti, nella parte centro-orientale della regione. Il ritorno di fama di questi vini, pertanto, è ancora in itinere e, finora, è stato collegato ai nomi di alcune aziende autorevoli che hanno fatto la storia recente della viticoltura locale. Oggi l’Abruzzo vuole crescere. E, diciamo noi, a ragione.
Bisogna ricordare, infatti, che a questa regione non manca nulla dal punto di vista naturalistico e orografico. Bastano 40 minuti per passare dal mare cristallino alle vette innevate dell’Appennino. In mezzo è possibile godere di colline dolci che possono tranquillamente competere con quelle più celebrate della Toscana. Il mare Adriatico e i massicci del Gran Sasso d’Italia e della Majella, nell’ambito dei quali si snodano tre Parchi Nazionali e più di dieci tra riserve nazionali e regionali, costituiscono un patrimonio straordinario che molto può dare, anche sul piano turistico. Il mix conseguente di clima mediterraneo sul litorale e continentale sulle alture crea condizioni favorevolissime per l’allevamento della vite. L’Abruzzo vitivinicolo può essere grossolanamente distinto in due zone: quella interna montuosa, pari al 65% dell’intero territorio regionale, e quella costiera con l’ampia fascia collinare. Le aree vocate per la coltivazione delle vigne si concentrano quasi completamente in collina. La gran parte dei vigneti ricade nella provincia di Chieti (75% del territorio vitato), seguono Pescara e Teramo (10% a testa), infine l’Aquila con meno del 4%.
Grazie anche a questa morfologia, l’Abruzzo offre tanto agli amanti del vino (ma pure agli enoturisti). La varietà di vitigni a bacca bianca – Passerina, Cococciola, Pecorino, Trebbiano, Montonico – permette grande versatilità sulle tipologie e accontenta i gusti più diversi. E poi c’è il Montepulciano d’Abruzzo. Un rosso di ottimo corpo che rappresenta più della metà della base ampelografica regionale, che alcuni produttori interpretano in modo magistrale – conquistando l’apprezzamento della critica internazionale – ma che vive troppo spesso in una sorta di cono d’ombra. Proprio dalle uve Montepulciano deriva il Cerasuolo d’Abruzzo che, dal nostro punto di vista, rappresenta forse il prodotto più caratteristico di questa importante regione italiana. Un grande rosato che incarna perfettamente la personalità forte, genuina e autentica dell’abruzzese e che, a buon diritto, è uno dei principali punti di riferimento del vino rosa italiano, con la sua declinazione tipicamente meridionale connotata dall’intensità del colore e dallo spessore della struttura. Se questa è la base, è proprio vero che l’Abruzzo enologico rappresenta una grande realtà della viticoltura tricolore. La strada per conquistare il definitivo riconoscimento, tuttavia, è ancora lunga. Un maggiore investimento sulla comunicazione appare indispensabile. Ancora parecchio si può fare sul piano delle crescita della qualità media. L’altra sfida è quella di costruire una chiara rappresentazione dell’Abruzzo “bianchista” con una migliore distinzione e classificazione dei diversi prodotti.
Ecco perché l’Abruzzo Wine Experience rivolta alla stampa nazionale e internazionale, che si è svolta dal 7 al 9 giugno a Vasto e dintorni con più di 300 vini in assaggio e una selezione di cantine aperte alle visite, è stata una occasione importante di promozione del territorio. Merito del Consorzio di tutela dei vini di Abruzzo che comincia a investire di più sul marketing territoriale e sulla migliore connotazione qualitativa ed espressiva delle diverse denominazioni. Ad oggi il contributo più rilevante del Consorzio è l’impulso dato al rafforzamento della comune identità dell’enologia regionale e alla messa a sistema di territori e tipologie. Dopo quasi tre anni di lavoro, il Consorzio ha ottenuto l’introduzione della menzione Superiore per le Dop “d’Abruzzo” e la riduzione da 8 a 1 sola le Igt. In pratica, vengono ridotte le denominazioni (che erano troppe e creavano frammentazione e confusione), diventa centrale l’identità regionale (con la dicitura “d’Abruzzo” per tutti ma distinta per territori e micro-territori), viene valorizzata la segmentazione qualitativa (menzione Superiore per le Dop regionali come i vini Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo, Cerasuolo d’Abruzzo, Pecorino d’Abruzzo, Passerina d’Abruzzo, Cococciola d’Abruzzo, Montonico d’Abruzzo, che potranno fregiarsi in etichetta delle appellazioni provinciali).
Come spiega il presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, Valentino Di Campli, “si agevola così la promozione e la comunicazione perché renderà le diverse zone di produzione molto più riconoscibili sui mercati, soprattutto all’estero, e esalterà sempre di più il binomio vino/territorio”. C’è da augurarsi che sia solo l’inizio di un percorso sempre più coerente nel senso della qualità e della comunicazione. Per venire finalmente ai vini, per via della stagione estiva, il nostro focus principale si è concentrato sui bianchi. Nel calderone degli assaggi anche qualche esemplare di Passerina, vino molto fresco, semplice, piacevole, che però non lascia il segno.
Molto più interessante, invece, il progressivo recupero della Cococciola, uva tipica della provincia di Chieti. Una varietà estremamente produttiva, usata tradizionalmente come buona “spalla” per colmare le flessioni di produzione di altre varietà. Dopo essere stata a lungo uva di rinforzo, da qualche tempo molti produttori la vinificano in purezza. Il risultato è discreto: il vino ottenuto presenta una importante scia acida, buoni profumi fruttati e floreali, disponibilità all’invecchiamento ma, soprattutto, alla spumantizzazione. La Cococciola rappresenta molto bene l’idealtipo del carattere abruzzese. Nella lista dei migliori assaggi meritano una citazione la Cococciola 2021 di Cingilia, la Cococciola Brado 2021 di Villa Martello, e soprattutto le due versioni molto identitarie di Marchesi di Cordano: Brilla 2021 e Lusciabli 2018.
Un discorso a parte merita il Pecorino, bianco secco caratterizzato da profumi di frutta tropicale, note agrumate e balsamiche e al palato risulta secco e armonico. Caratterizzato da una maturazione precoce delle uve e da basse rese quantitative, è stato riscoperto solo dagli anni ’90 per la produzione di vino di qualità. Questo importante vitigno abruzzese – sul quale il Consorzio ha voglia di investire molto – offre molteplici sfaccettature e grazie al lavoro di recupero e di selezione di alcuni viticoltori abruzzesi sta raggiungendo dei livelli di qualità sempre più alti. Tra i migliori assaggi segnaliamo Il Giulia 2021 di Cataldi Madonna (forse il migliore in assoluto), La Canaglia 2021 di Fontefico, il Pecorino 2021 di Vigneti Radica, il Collecivetta 2020 di Pasetti, il Prope 2021 di Velenosi e il Pecorino 2021 di Villa Medoro.
A mio modesto avviso, la migliore espressione di bianco abruzzese resta ancora il Trebbiano – che quest’anno festeggia i 50 anni della Doc – una varietà altrove sottostimata che qui può raggiungere livelli qualitativi importanti grazie all’estrazione e all’affinamento. Apprezzabile già da giovane, nella sua piacevolezza, raggiunge le migliori performance nelle versioni più invecchiate e complesse. Colore dorato, bouquet di profumi delicato, acidità e retrogusto gradevolmente ammandorlato sono le basi sulle quali costruire qualcosa di importante. Segnaliamo qui l’Ursonia 2021 di Feuduccio, Il Fosso Cancelli 2019 di Ciavolich, il Macerato di Barone Cornacchia. Un voto più alto per il Bianchi Grilli 2020 di Torre dei Beati, concentrato e profondo, e per il Tenuta del Professore 2015 di D’Alesio Vini, aromi complessi di arancio disidratato, noci tostate, cedro, esempio mirabile di invecchiamento, che risulta nettamente il più interessante della batteria dei bianchi.
Nella logica della selezione estiva non poteva mancare il Cerasuolo d’Abruzzo, denominazione top dei rosati italiani, ricavata dall’uva Montepulciano. Nelle migliori espressioni è un “signor” vino, ricco di struttura, ma capace di conquistare con la sua piacevolezza e la sferzata acida. Tra i migliori assaggi il Cerasuolo d’Abruzzo Marcantonio 2021 di Olivastri, il classico Villa Gemma 2021 di Masciarelli, il Prope 2021 di Velenosi, il Primamadre 2021 di Vini La Quercia, il Cerasuolo d’Abruzzo 2021 biodinamico di Terraviva, e, una spanna sopra gli altri, il Baldovino 2021 della Tenuta I Fauri. Ovviamente, manca all’appello il fuoriclasse del territorio, il Montepulciano d’Abruzzo, rosso fruttato e strutturato, spesso interpretato in modo eccellente, al punto da competere con i migliori rossi italiani. Ma sarà l’occasione per una futura visita e per una riflessione più calibrata, mentre questa meravigliosa regione continua a crescere.
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