Il primo accordo risale a circa due anni fa quando la Gran Bretagna e il Ruanda firmarono un protocollo dedicato alla migrazione e allo sviluppo economico. Un nome altisonante per nascondere un progetto molto semplice: l’espulsione in Ruanda di migranti africani arrivati in Gran Bretagna. Un piano che oggi con il governo conservatore di Rishi Sunak è diventato realtà. In quell’aprile del 2022 però le proteste si alzarono subito altissime ed il governo di Boris Johnson, al tempo ancora al potere, fu travolto dalle accuse di inumanità e razzismo. L’opposizione laburista definì crudele e insensata la mossa, mentre al futuro re Carlo sembrò spaventosa l’idea di rispedire nel cuore dell’Africa migranti in cerca di un futuro migliore.

Il governo di allora difese con forza questo progetto definendolo utile anche a scoraggiare le partenze con il rischio di un viaggio lungo e pericoloso per ritrovarsi poi in Ruanda. Un’idea rafforzata dalla fresca Brexit, che permetteva agli inglesi di trovare soluzione alternative e diverse da quelle del continente europeo, giudicate da Boris Johnson come fallimentari. Un piano che ovviamente escludeva i richiedenti asilo per una qualsiasi forma di persecuzione o pericolo di ritorno nel proprio paese di origine. Il governo Sunak ha rinsaldato ancora più fortemente la partnership con il Ruanda guidato da Paul Kagame che ha accettato subito di lavorare con Londra.

La Gran Bretagna nel quadro di sostegno economico al Ruanda nel 2023 ha già versato nella casse di Kigali 240 milioni di sterline ( 250 milioni di euro) e l’accordo prevede che se i migranti arrivati in Ruanda supereranno le 300 unità saranno versati altri 120 milioni di sterline ( 130 milioni di euro) oltre a 20mila sterline per ogni persona che supererà le 300. Un contratto molto vantaggioso per i ruandesi che si sono impegnati comunque a non accettare più di 1000 persone nell’arco di 5 anni, un numero irrisorio che non aiuterà la Gran Bretagna nella gestione dei flussi migratori.

Dopo una serie di rinvii dovuti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il primo volo dovrebbe tenersi nel mese di luglio. Forti critiche sono arrivate dalle Nazioni Unite che definiscono accordi come questo lesivi del sistema di protezione dei migranti e incompatibili con il diritto internazionale. Londra non è però il primo paese che percorre questa strada, in passato Australia, Israele e Danimarca si erano mossi in questo senso e l’Australia aveva rispedito a Nauru ed in Papua Nuova Guinea un certo numero di migranti. Questo progetto australiano oggi non esiste più, ma Camberra ha organizzato dei trasferimenti in Sri Lanka e Vietnam come paesi sicuri per i migranti provenienti da Asia e isole del Pacifico. Israele aveva invece un progetto proprio con il Ruanda dove inviò cittadini eritrei e sudanesi per vagliare le loro richieste di asilo. Il governo israeliano aveva proposto ai cittadini eritrei e sudanesi 3500 dollari per restare in Ruanda e nel 2017 circa 4000 persone avevano accettato. Anche la Danimarca ha firmato un memorandum con Kigali, ma non ha mai concretizzato il progetto espellendo migranti in Africa per un cambio di governo.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi