Parità tra accusa e difesa?
L’accusa di mafia era solo nella testa di Pignatone e dei suoi sostituti

Oggi sono entrato per la prima volta nell’aula bunker del carcere di Rebibbia e la cosa mi ha fatto molto effetto perché sono stato presente in ben 300 udienze che si sono tenute in questa aula ma io ero solo in videoconferenza, collegato dal carcere di Tolmezzo perché ritenuto talmente pericoloso da non poter essere detenuto a Rebibbia. Oggi sono presente perché vi è una udienza del processo “mafia capitale-ter” che stancamente sta andando avanti da ben 3 anni, niente a che vedere con le 4 udienze a settimana del processo di primo grado. Mi ha colpito l’enormità dell’aula e la distanza siderale tra avvocati e corte per non parlare degli imputati chiusi nelle gabbie poste sul lato destro guardando la corte.
Gabbie ancor più separare dal resto per la presenza di una cordicella in metallo che impedisce agli avvocati di avvicinarsi se non a 2 metri per conferire con i propri assistiti. Mi ha stupito la differenza siderale tra accusa e difesa con i PM che arrivavano con scorte e auto blindate fin dentro il cortile interno mentre gli avvocati costretti ad arrivare con i mezzi propri nel traffico della Tiburtina da oltre 7 anni con i lavori in corso per ampliamento e costretti a parcheggiare a oltre 100 metri e poi recarsi a farsi identificare per entrare in tribunale. Per non parlare poi dei PM che hanno a disposizione la polizia giudiziaria che possono impiegare senza risparmio e con la conoscenza di tutte le intercettazioni telefoniche mentre gli avvocati non hanno che i brogliacci e se vogliono le trascrizioni se le devono pagare mentre se vogliono ascoltare le intercettazioni hanno una situazione logistica quasi proibitiva.
Ma non voglio dilungarmi ancora sulla sproporzione dei mezzi tra accusa e difesa, voglio solo ricordare che in Parlamento vi è uno stuolo di avvocati parlamentari ben di più dei magistrati parlamentari e nonostante questa presenza massiccia assistiamo a queste evidenti disparità: io credo che questo risultato lo si deve anche alla mancanza dello spirito corporativo degli avvocati e al loro proverbiale solipsismo. Ultima considerazione: se abbiamo vinto il processo per quanto riguarda l’accusa di mafia con queste evidenti sproporzioni, è segno che di mafia non c’era nulla se non nella mente di Pignatone e dei suoi sostituti e che nessuno pagherà il fio per questo clamoroso errore.
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