Dall’obiettivo del milione di auto prodotte in Italia (se tutto va bene si arriverà a produrne la metà) alla grossa flessione avuta negli Stati Uniti dove le vendite sono precipitate e i problemi con i sindacati sono arrivati al punto di non ritorno, passando per il crollo in borsa (oltre il 35%) degli ultimi 12 mesi. Un addio arrivato anzitempo, 15 mesi prima la scadenza naturale del contratto (firmato a inizio 2021) prevista per la primavera del 2026, quello di Carlo Tavares, ex ceo di Stellantis. Dimissioni, accolte all’unanimità dal Cda, che fotografano la crisi del gruppo italiano-americano-francese che, soprattutto nell’ultimo anno, ha toccato record negativi preoccupanti con migliaia di auto invendute e posti di lavori a rischio. Tavares lascia dopo una serie di divergenze emerse nell’ultimo consiglio di amministrazione con gli altri membri del gruppo. Intascherà una buonuscita di circa 100 milioni di euro oltre a uno stipendio annuo di oltre 20 milioni di euro: quello relativo al 2023 era di 23,4 milioni di emolumenti più ulteriori bonus in caso di obiettivi raggiunti.

La buonuscita di Tavares e il futuro di Stellantis: attesa per oltre 40mila operai in Italia

In attesa del successore, che dovrebbe essere scelto nei primi mesi del 2025, la guida passa al comitato esecutivo presieduto da John Elkann, presidente di Stellantis, che domenica sera ha informato delle dimissioni di Tavares sia il Capo dello Stato Sergio Mattarella che la premier Giorgia Meloni. Le polemiche però non si placano perché in Italia è forte la preoccupazione per il futuro degli stabilimenti e dei circa 40mila operai ex Fiat molti dei quali vanno avanti grazie agli ammortizzatori sociali (contratti di solidarietà e lunghi periodi di cassa integrazione). Tavares nell’audizione in parlamento dell’ottobre scorso aveva chiesto al governo italiano ulteriori incentivi per la produzione “costosa” di auto elettriche. Parole che provocarono le reazioni di sindacati e politici di opposizione. Un mese prima Stellantis inviò la famosa mail ai dipendenti invitandoli a comprare a prezzo agevolato una Maserati. Il costo? Dagli 84mila ai 235mila euro, mentre lo stipendio di un cassaintegrato è di 1.180 euro.

Urso e la favola del milione di auto

Nel mirino anche il ministro delle Imprese e del Made In Italy Adolfo Urso che per mesi ha creduto alla favola del milione di auto prodotte in Italia. Secondo Calenda, leader di Azione, “se Tavares si è dimesso, l’altro che dovrebbe dimettersi è Urso, che non ha fatto nulla. Meloni dovrebbe mandarlo via a pedate, se valesse la meritocrazia sarebbe già fuori”. Per il segretario della Cisl Luigi Sbarra “Tavares non ci mancherà” perché “è stato un manager che ha invertito completamente la rotta lungimirante di Marchionne: non ha mai creduto nelle relazioni sindacali, ha delocalizzato tanta produzione dall’Italia ad altri Paesi, ha tagliato l’occupazione, frenato gli investimenti soprattutto sull’innovazione ed è arrivato a sfidare lo Stato sul tema degli incentivi”.

Landini preoccupato solo dalla buonuscita

Il segretario della Cgil Maurizio Landini, criticato negli ultimi mesi (soprattutto da Calenda) per essersi battuto poco per la causa Stellantis, guarda invece alla buonuscita del manager portoghese: “Proprio perché stiamo chiedendo che si facciano investimenti e si tuteli l’occupazione, sarebbe davvero uno schiaffo in faccia ai lavoratori se invece l’azienda e il gruppo spendesse centinaia di milioni di euro per la buona uscita dell’amministratore delegato”.

Analisti e la crisi Stellantis

Per gli analisti il passo indietro di Tavares rappresenta una svolta “negativa e del tutto inaspettata”. Considerato che Tavares è stato il protagonista della fusione tra Fca e Psa e della nascita di Stellantis a quattro anni di distanza “le sue dimissioni hanno chiaramente un’importanza simbolica con con conseguenze difficilmente prevedibili e stimabili”, sottolinea all’Ansa l’analista di Banca Akros. Per Morgan Stanley c’è da chiedersi se l’uscita di scena possa preannunciare una nuova direzione strategica, creando incertezza per gli investitori fino alla nomina di un nuovo amministratore delegato. Infine rileva Jp Morgan l‘uscita di un ceo e di un cfo in un periodo così breve non ha precedenti e rappresenta una “sfida” per gli investitori. Per quanto John Elkann abbia una buona esperienza in diversi gruppi industriali, il che fornisce una “solida base” per il momento, è improbabile prevedere un miglioramento significativo degli utili nel 2025, fino a quando la squadra al vertice non verrà ripristinata.

 

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.