Se l’adulto è chiamato a giudicare i ragazzi, soprattutto se lo è in vari contesti mediatici, questi sono da classificare: choosy, bamboccioni, generazione X, senza valori, sempre al telefonino, sfaticati… Poi però ci sono i ragazzi, che se ne infischiano delle classificazioni e quando trovano qualcosa di bello e di utile diventano inarrestabili.

Secondo giorno di novembre, tardo pomeriggio, piove e tanto in Toscana. Poco dopo rompono gli argini i fiumi e Campi Bisenzio, hinterland di Firenze, sprofonda nell’acqua e nel fango. L’80% delle abitazioni e delle aziende è sotto l’acqua, tantissimi hanno letteralmente perso tutto. A Campi c’è una scuola secondaria di secondo livello, è una succursale di quasi 300 ragazzi. Oltre che bella è all’avanguardia per la didattica e il coinvolgimento dei ragazzi. Quando i ragazzi si sentono valorizzati, gli effetti si vedono. Il giorno dopo, un venerdì, c’è smarrimento. Arrivano notizie parziali dell’alluvione, le scuole sono chiuse. Per i ragazzi potrebbe essere un giorno senza scuola, una festa, invece. Si perché c’è un “invece” e ribalta tutto quello che molti adulti fanno: giudicano, categorizzano, i ragazzi. Quelli che dovrebbero essere i “bamboccioni” si organizzano e partono. I grandi commentatori mediatici stanno zitti.

Venerdì come sabato e domenica… La scuola è chiusa ma la stragrande maggioranza vuole andare a “dare una mano”. Ragazzi e ragazze, di prima e di quinta, ex studenti e docenti non si tirano indietro. I rappresentanti degli studenti si organizzano, la protezione civile coordina, i più piccoli ai centri di smistamento cibo, vestiario e i più grandi in comune. Stivali, vecchie tute da ginnastica, guanti, vanghe, rastrelli, ramazze. Non si tirano indietro neanche le matricole. I genitori sono titubanti: “Con chi sei? Chi coordina? Chi vi controlla?”, ma sono inarrestabili. Sono giovani e si buttano, ancora una volta noi adulti classifichiamo e giudichiamo. Poi la sera a casa, tornano stanchi e felici. Fango ovunque, anche nei capelli a cui tengono tantissimo. Unghie rotte che sono – erano – curatissime. Vestiti da buttare. Eppure sembrano raggianti. Non per quello che hanno visto ma per l’esperienza che hanno vissuto.

Raccontano a perdifiato tutte le cose brutte e i racconti dolorosi che hanno visto e ascoltato, le storie di famiglie distrutte, di aziende devastate. Piangono. Ma hanno aiutato e sono stati aiutati a capire. Perché quando dai la mano ad una persona, anche ad uno sconosciuto, rompi schemi, incomprensioni, giudizi avventati, muri e la realtà delle cose e degli affetti è vera, concreta.
Questi ragazzi hanno fatto scuola. Cioè hanno fatto esperienza educativa in tutto e per tutto, che li accompagnerà per la vita e sarà utile anche per capire che lo studio, l’impegno, la volontà sono importanti.

La Agnoletti con i suoi docenti e la Preside, non ha alzato le spalle. Da subito la Dirigente Silvia Baldaccini e tanti docenti hanno ascoltato quello che i ragazzi volevano dire, valutato la situazione insieme a loro e non ostacolato affatto la volontà di aiutare, anzi insieme alle associazioni di volontariato si sono resi disponibili. Emblematica la circolare del 6 novembre: la scuola è aperta ma “per chi presterà servizio di volontariato, l’assenza non sarà considerata nel computo del monte ore annuale”.
Molti giudicheranno, tanti non approveranno, alcuni si scandalizzeranno, ma io difendo e plaudo la preside, i docenti, i rappresentanti degli studenti, perché negli occhi dei ragazzi che hanno partecipato e sono andati ad aiutare, ho visto tanta fatica ma anche tanta gioia, la gioia di avere capito che siamo fratelli e come i fratelli ci aiutiamo.