Una premessa. Il sottoscritto non si riconosce né nel governo Meloni, né nel centrodestra, ma nemmeno in nessuna delle componenti di opposizione di sinistra. Casomai all’interno dei due schieramenti ritiene apprezzabile da un lato lo sforzo di caratterizzazione centrista, europeista e garantista di Forza Italia e sull’altro versante la battaglia della componente riformista sui temi della politica estera e del lavoro. Per essere chiaro fino in fondo, il sottoscritto alle elezioni politiche ha votato per il Terzo Polo che ha uno spazio obiettivo nel quadro politico italiano e che allora ha ottenuto un discreto successo ma prima Renzi, con le sue iniziative estemporanee e poi in modo decisivo Calenda, sottraendosi alle intese fra tutte le componenti d’area, per cui è avvenuto una sorta di grottesco suicidio in diretta televisiva.
Ciò detto però credo che sia legittima una domanda: cosa rende più incisiva l’opposizione di sinistra, tenendo presente il quadro generale e le vicende politiche che di volta in volta si presentano? Forse la rendono più credibile l’ossessiva previsione e denuncia che il governo Meloni è l’anticamera di una evoluzione autoritaria tenendo conto dei suoi irrisolti precedenti storici che sono il retroterra della stessa Meloni e di Forza Italia? Forse la rendono efficace la denuncia e la pretesa di una sua marginalità in Europa? Forse ha effetti deflagranti la quotidiana valorizzazione politica dei gossip sulla famiglia Meloni proposto quotidianamente da Dagospia? Forse è travolgente l’uso politico della giustizia come si è visto nel caso del sequestro Toti e del processo Salvini? Finora questi sono stati i filoni fondamentali dell’opposizione di sinistra a questo governo.
Eppure si è presentata proprio in questi giorni una occasione più unica che rara sulla vicenda ucraina. Meritoriamente il Parlamento europeo per iniziativa del Partito Popolare Europeo e dei socialisti europei ha deciso di dar via libera alla facoltà degli ucraini di utilizzare le armi ricevute dall’Occidente per contrattaccare sul territorio russo. Si tratta di una mossa obbligata visto che dalla Russia provengono larga parte dei bombardamenti con droni, missili e altri ordigni. Impedire questo all’Ucraina significherebbe costringerla a battersi con una mano sola. Su tutta questa tematica una componente del governo come quella di Salvini ha manifestato ancora una volta il suo putinismo di fondo. Ma per niente convincente risulta Tajani quando afferma che noi non siamo in guerra con la Russia.
A parte la constatazione che la massima quota dei bombardamenti sull’Ucraina provengono proprio dal territorio russo, e che quindi l’Ucraina deve essere in condizione di rispondere, va posto al ministro degli Esteri Tajani questo interrogativo: risulta da dichiarazioni ufficiali che l’Iran e la Corea del Nord stanno rifornendo i droni e i missili a lunga gittata all’esercito russo. Ebbene, forse la dichiarazione di Tajani deriva dal fatto che i suoi colleghi, ministri degli Esteri della Corea del Nord e dell’Iran, hanno notificato alla Russia che essa deve impiegare gli ordigni fornitele solo sul suo territorio perché né la Corea né l’Iran sono in guerra con l’Ucraina? Francamente non ci risulta che ci siano state prese di posizione di questo tipo.
Allora, una parte del governo italiano, Fratelli d’Italia e Forza Italia, poteva essere efficacemente attaccato dalla opposizione di sinistra per la sua ambiguità e tatticismo, una altra parte, Salvini e la Lega, bollato per il suo filo-putinismo. Entrambi gli attacchi sarebbero stati efficaci e giustificati. Non è avvenuto nulla di tutto ciò perché l’ambiguità e la contraddittorietà regnano sovrane sul terreno dell’Italia e del campo largo. Da un lato il Pd della Schlein presenta forse una maggiore ambiguità di Fratelli d’Italia e Forza Italia, tenendo conto che al suo interno ha parlamentari così pacifisti che, come Tarquinio, chiedono addirittura lo scioglimento della Nato. Per altro verso invece il M5S e il giornale ad esso vicino, cioè il Fatto, è concorrenziale in termini di putinismo con la Lega.
Come si vede non siamo combinati bene sul terreno della coerenza a livello internazionale. Eppure sul terreno dell’Ucraina la Meloni era partita benissimo persino quando stava alla opposizione. Nel passato e nel presente Draghi è sempre stato chiarissimo per ciò che riguarda la solidarietà dell’Europa con l’Ucraina, ritenendo che si tratta di una sorta di autodifesa del nostro continente rispetto le mire aggressive di Putin. Poi nel rapporto Draghi c’è anche l’indicazione del rafforzamento degli investimenti per la Difesa. Insomma prima o poi è indispensabile che sui nodi decisivi della politica estera e delle Difesa entrambi gli schieramenti facciano innanzitutto i conti con sé stessi.