L'ancora di salvezza
L’America pensa già alla nuova campagna elettorale senza Trump. Ma ormai non si vota più per costruire qualcosa

Quando Donald J. Trump ha annunciato la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti nel 2015, pochi lo presero sul serio. Otto anni dopo, nessuno ride più. Trump non ha solo vinto un’elezione: ha riscritto le regole della politica americana, trasformando la scena pubblica in un’arena mediatica dove il confine tra potere e spettacolo si è fatto indistinto. La sua presenza ha agito come una calamita e una calamità al tempo stesso: ha attirato milioni di elettori con un linguaggio diretto, brutale e spesso divisivo, e ha scosso le fondamenta di un sistema che, pur con tutte le sue contraddizioni, si credeva immutabile.
I momenti che rimarranno impressi nella memoria di centinaia di milioni di persone sono tanti: dalla prima, inaspettata elezione arrivata dopo aver sconfitto politici di razza come Jeb Bush e l’attuale Segretario di Stato Marco Rubio nelle primarie repubblicane ed una politica esperta come Hillary Clinton; l’assalto a Capitol Hill, compresa la grazia concessa ai rivoltosi che uccisero diversi agenti della polizia; la condanna definitiva di quest’estate, che lo ha reso a Novembre il primo Presidente “convicted felon” (l’equivalente di pregiudicato).In qualsiasi altro paese del mondo sarebbe bastato per giustificare un completo rifiuto da parte degli elettori. Ma in un paese così pieno di “forgotten”, di comunità rimaste indietro a seguito di una globalizzazione che evidentemente non ha funzionato per tutti, di gruppi storicamente allineati con i democratici che si sono sentiti traditi e poco ascoltati, Donald Trump è stato un’ancora di salvezza.
L’erede
Con tutta probabilità, però, tra tre anni e qualche mese servirà iniziare una nuova campagna elettorale e sarà la prima senza Donald Trump in dodici anni. E allora viene spontaneo chiedersi: il trumpismo sarà solo un fenomeno di passaggio legato a una sola persona? Oppure rimarrà un’eredità con conseguenze anche sul modo in cui i Democratici si approcciano alla politica? Purtroppo, rispondere non è per niente facile, anche perché Trump stesso ha dichiarato più volte di non aver escluso un terzo mandato, che seppur tecnicamente incostituzionale, potrebbe arrivare non per elezione ma tramite successione, candidando alla presidenza JD Vance con Trump come suo vice. Proprio JD Vance, invece, parrebbe essere uno dei principali candidati per ottenere la leadership nel 2028.
L’opposizione
Se così fosse, sulla base del dibattito con Tim Walz dello scorso ottobre, sarebbe ragionevole supporre che la politica americana torni, in qualche misura, nei suoi binari ordinari di moderazione e di rispetto per l’avversario, ma ci sarà da vedere se la base repubblicana, abituata ai feroci attacchi di Trump, possa mostrare lo stesso entusiasmo verso qualcuno che si comporti in modo così differente dal tycoon. Anche dal lato dei Democratici il clima è cambiato. Dopo la sconfitta di Kamala Harris, che tra poco scioglierà la riserva rispetto a una probabile candidatura a governatrice della California, due sono le voci che più si sono fatte sentire in opposizione al Presidente, con il loro tour “Fight the oligarchy”: Bernie Sanders, il popolare senatore del Vermont che, seppur indipendente lavora con i dem, e Alexandra Ocasio-Cortez, giovanissima e battagliera deputata di New York.
Caratteristica che accomuna i due, è l’appartenenza all’ala più a sinistra del Partito Democratico, che potrebbe guadagnare consensi spingendo sull’opposizione a Trump. La base democratica non è più disposta ad accontentarsi di compromessi e chiede interventi strutturali su temi come la sanità, il cambiamento climatico e la riforma del sistema di finanziamento ai partiti. Se il trumpismo ha mostrato quanto complessa e fragile possa essere la democrazia, il post-trumpismo ci metterà di fronte a una domanda ancora più scomoda: è davvero possibile tornare indietro? Oppure la nuova normalità sarà proprio questa tensione costante, questo conflitto permanente tra visioni del mondo inconciliabili? La risposta arriverà nelle urne, ma l’impressione è che negli Stati Uniti di oggi non si vota più per costruire qualcosa, ma per impedire all’altro di vincere.
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