Arresto a freddo
Lara Comi, i retroscena dell’inchiesta

Se Lara Comi si fosse dedicata al giardinaggio o ai corsi di cucina, probabilmente, ieri mattina all’alba non sarebbe stata arrestata dai finanzieri di Busto Arsizio, in provincia di Varese. Per giustificare la misura cautelare degli arresti domiciliari a carico dell’ex europarlamentare di Forza Italia, la gip di Milano, Raffaella Mascarino, scrive infatti che «se è vero che Lara Comi all’esito delle consultazioni elettorali europee del 2019 non è stata riconfermata nel proprio incarico pubblico, è altrettanto indiscutibile come la stessa abbia una rete relazionale tra alti livelli politici ed imprenditoriali, che potrebbe costituire un utile “volano” per ulteriori attività illecite». E su cosa si baserebbe questa “rete relazionale”? La risposta la fornisce sempre la gip Mascarino: «Lara Comi risulta rappresentante legale dell’associazione “Siamo Italiani”, dell’associazione “We Change”, dell’associazione “Il Popolo della Libertà, coordinamento provinciale di Varese». Si tratta, come specificato nella stessa ordinanza di custodia cautelare, di «associazioni non riconosciute e comitati» che svolgono attività di «organizzazioni con fini culturali e ricreativi».
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Tanto basta, dunque, per essere spediti ai domiciliari per accuse risalenti nel tempo e per la quale Lara Comi era da tempo indagata. Dallo scorso maggio, per l’esattezza. L’operazione, infatti, è un nuovo filone della maxi indagine “Mensa dei poveri” condotta dall’antimafia milanese che la scorsa primavera terremotò i vertici di Forza Italia in Lombardia. La Dda di Milano, alla vigilia delle elezioni europee, arrestò 28 persone, indagandone una quarantina. Fra cui, appunto, Lara Comi. Le principali accuse? Associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al finanziamento illecito. Tra gli arrestati, Piero Tatarella, capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino e Fabio Altitonante, coordinatore azzurro a Milano e sottosegretario in Regione Lombardia. I pm avevano chiesto anche l’arresto, respinto dalla Camera, del deputato forzista Diego Sozzani. Gli arrestati delle retata di primavera sono tutti liberi da tempo. Chi scarcerato perché il capo d’imputazione è stato riqualificato, chi per scadenza dei termini di custodia cautelare. Nel caso di Altitonante, che ha già ripreso il suo posto al Pirellone, il Riesame ha smontato gran parte delle accuse. Tornando a Lara Comi, le contestazioni a suo carico riguardano la correttezza di due contratti di consulenza, un finanziamento illecito da 31 mila euro dal presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, per una ricerca basata su una tesi di laurea scaricata da internet, e una truffa aggravata al Parlamento Europeo in quanto, secondo quanto riferito dal suo ex ufficio stampa Andrea Aliverti, quest’ultimo avrebbe ricevuto un aumento stipendiale di tremila euro con l’obbligo di restituirne duemila a FI per pagare le spese della sede che Comi non pagava.
«Lara Comi ha mostrato una non comune esperienza nel far ricorso a collaudati schemi criminosi», evidenzia il gip, secondo cui questi “schemi criminosi” sarebbero stati «volti a fornire una parvenza legale al pagamento di tangenti, alla sottrazione fraudolenta di risorse pubbliche e all’incameramento di finanziamento illeciti». Dove sia la mafia, però , non è dato saperlo. Quelli che hanno portato all’arresto di Lara Comi «sono fatti vecchi e documentati». È stato il commento dell’avvocato Giampiero Biancolella, difensore dell’ex europarlamentare forzista. «C’è da valutare – puntualizza Biancolella – se ci siano le esigenze cautelari che legittimino i domiciliari dal momento che ipotizzare dei contatti col mondo politico e industriale per giustificare una possibile reiterazione del reato mi sembra una tesi infondata». A dare nuova linfa all’indagine, che pare puntare anche alla Lega, le dichiarazioni fatte da Nino Caianiello, ex coordinatore azzurro di Varese. Fra gli arrestati di maggio e ora “gola profonda” della Procura di Milano.
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