Promuovere la stipula con i tribunali di convenzioni per svolgere lavori di pubblica utilità da parte di imputati maggiorenni, ai fini della concessione della messa alla prova e favorire così l’accettazione della funzione riparativa della misura: questo l’obiettivo del protocollo d’intesa firmato ieri dal Capo di Gabinetto, in rappresentanza del ministero della Giustizia, e dal presidente della Caritas Italiana S.E. mons. Carlo Roberto Maria Redaelli. Un obiettivo rilevante dell’accordo è creare luoghi in cui tutti prendano parte attiva alla costruzione del bene comune, accompagnando e facilitando le realtà locali. L’opportunità di mettersi al servizio di chi soffre, prendere coscienza dei propri bisogni attraverso il contatto con le marginalità sociali incontrate nei luoghi in cui si svolgono i lavori di pubblica utilità, offre infatti la possibilità di recuperare i valori fondanti della società civile.Il lavoro di pubblica utilità da svolgere in favore della collettività, dovrà tener conto delle specifiche professionalità e attitudini di coloro che saranno ammessi alla prova e potrà concretamente svolgersi sia presso le strutture e/o le sedi della Caritas e i servizi che a essa fanno capo, che presso eventuali enti (es. parrocchie, oratori, onlus, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, associazioni pro loco, associazioni sportive, comitati, associazioni di solidarietà familiare) che stipuleranno specifiche convenzioni con la Caritas locale. Come avvenuto in altre occasioni negli ultimi anni, si concretizza e si consolida nel settore dell’esecuzione penale esterna per adulti un modello di giustizia di comunità di stampo europeo e d’intervento sinergico. Molte Caritas e realtà locali si erano già attivate in questa direzione ma questo Protocollo renderà possibile la collaborazione dell’intera rete Caritas in modo da poter assicurare adeguati standard organizzativi e di ottimizzare e offrire alla cittadinanza opportunità più eque, integrate e uniformi sull’intero territorio nazionale. Un’opportunità per risarcire la società per il danno subito, favorire la consapevolezza dell’imputato circa le responsabilità derivanti dalla sua condotta e nel contempo promuovere valori essenziali quali la responsabilità, la solidarietà, la gratuità e il dono, l’altruismo, la promozione umana e culturale.

È d’obbligo accennare qui a due delle caratteristiche dell’impegno che Caritas da sempre porta avanti in quest’ambito, una è certamente l’accoglienza, che nasce da un ascolto attento e profondo. Le differenti esperienze raccontano di ascolti realizzati dove, partendo dai numerosi incontri, in modi diversi, collaborando con l’amministrazione penitenziaria, si studiano e si attuano proposte e percorsi che possano permettere a ognuno di avviare una vita nuova, differente, dove mettere a frutto i propri talenti e dove, in molti casi, sperimentare il perdono. Perdono, che non elimina né sminuisce l’esigenza della correzione, propria della giustizia, e non prescinde neppure dal bisogno di conversione personale, ma va oltre, cercando di ristabilire i rapporti e di reintegrare le persone nella società.

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Papa Francesco nella sua esortazione Apostolica (E. G. 171) ci ricorda che la Chiesa ha «bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito… bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire. La prima cosa, nella comunicazione con l’altro, è la capacità del cuore che rende possibile la prossimità, senza la quale non esiste un vero incontro spirituale. L’ascolto ci aiuta ad individuare il gesto e la parola opportuna che ci smuove dalla tranquilla condizione di spettatori. Solo a partire da questo ascolto rispettoso e capace di compatire si possono trovare le vie per un’autentica crescita, si può risvegliare il desiderio dell’ideale cristiano, l’ansia di rispondere pienamente all’amore di Dio e l’anelito di sviluppare il meglio di quanto Dio ha seminato nella propria vita». E strettamente collegata all’ascolto, è la formazione. La formazione, in particolare dei volontari, è di fondamentale importanza per la Caritas ed è quella che, accompagnata da una forte motivazione, permette di affrontare e superare situazioni particolarmente difficili dal punto di vista relazionale e non solo; da una buona conoscenza di concetti base legati alla terminologia giudiziaria, alla capacità di porsi in rete con altri soggetti, come ad esempio gli altri volontari che operano in carcere, oppure Enti e Associazioni specializzate che operano all’esterno.

 

Ed è proprio l’esterno il luogo che ancor più che all’interno sono richiesti impegno e testimonianza. L’impegno nel sensibilizzare l’opinione pubblica è tra le funzioni essenziali del volontariato penitenziario. È difficile ma possibile garantire con la propria presenza la partecipazione della comunità esterna all’interno dell’istituto carcerario, “portare fuori” dalle mura dell’istituto stesso i bisogni, le proposte e le riflessioni delle persone con cui quotidianamente ci si incontra e di cui si conosce la realtà di vita. È importante che i volontari si sentano attori principali in un’azione culturale di modifica dell’opinione pubblica rispetto al mondo del carcere, fondamentale il loro dedicarsi anche a un lavoro informativo e divulgativo. Nella consapevolezza che tutti nella nostra vita dobbiamo lasciarci interpellare proprio dalle nostre fragilità, perché è da lì che il Signore fa emergere la forza della dignità della vita. È per ognuno di noi una sfida ricca di volti, di persone, di esperienze, di quella concretezza che dà vita a processi di cambiamento, mobilita le risorse, combatte l’indifferenza con l’attenzione all’altro. È una strada da fare insieme in cui riscoprire e dare ancora più forza alle nostre numerose peculiarità.

Don Francesco Soddu

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