L'asse della resistenza
L’asse Russia-Iran-Iraq-Houthi, così grano e metallo rubati in Crimea fanno rotta verso lo Yemen
La guerra tra Israele e Hamas ha fortificato legami tra tutte le fazioni dell’asse della resistenza che include anche Hezbollah in Libano, Hamas e Jihad islamica nei territori palestinesi e le varie milizie sciite fi lo-iraniane in Siria
L’asse tra Russia, Iran, Iraq e Houthi si snoda anche attraverso la rotta del Mar Nero, del Mediterraneo, del Mar Rosso, fino al Golfo Persico, lungo la quale Mosca esporta grano, metallo e acciaio rubati dalla Crimea occupata verso i paesi amici e in sostegno alla guerra degli Houthi dello Yemen.
La portarinfuse Zafar è solo una delle numerose navi russe che da mesi caricano prodotti cerealicoli, quali grano, olio vegetale, fertilizzanti, acciaio, ferro ed altri metalli, dal porto di Sebastopoli della Crimea occupata dalle truppe di Mosca, per poi trasportarlo in quelli di paesi africani e del medioriente, amici del Cremlino; prodotti che giungono in particolare anche nei porti di Bandar-e Emam Khomeini, nell’Iran meridionale e in quello di Saleef, nello Yemen. Quest’ultimo approdo è controllato dagli Houthi.
Un’indagine condotta da prestigiosi media di inchiesta sul traffico navale, quali Bellingcat e Lloyd’s List, ha scoperto che la nave Zafar ha ottenuto da un organismo di ispezione delle Nazioni Unite l’autorizzazione a fare scalo nel porto controllato dagli Houthi, dopo aver esportato clandestinamente grano da un terminale della Crimea occupata. Le immagini satellitari scattate tra metà e fine maggio 2024 sembrano effettivamente mostrare la Zafar attraccata nel porto di Sebastopoli. Dal dicembre dell’anno scorso era visibile sui dati AIS nello stretto di Kerch, uno specchio d’acqua tra la Crimea e la Russia.
I contadini dell’Ucraina orientale accusano le forze russe di rubare il grano e altri prodotti dai territori occupati per stoccarlo temporaneamente nella penisola di Crimea a Sebastopoli, per poi trasferirlo da lì verso il Medio Oriente. Lo Yemen è uno dei paesi più poveri del mondo. La guerra civile decennale tra il governo riconosciuto a livello internazionale sostenuto dall’Arabia Saudita e le forze Houthi sostenute dall’Iran hanno causato migliaia di morti e una crisi umanitaria senza precedenti, una carestia diffusa e milioni di sfollati. Come è noto il porto di Sebastopoli è attualmente soggetto a sanzioni da parte di Stati Uniti, Regno Unito e Unione europea e dunque le navi mercantili sono tenute a presentare una richiesta di autorizzazione con documentazione di supporto, come le polizze di carico e l’autorizzazione dal porto di carico. Nel caso specifico dello Yemen, le navi portarinfuse russe devono presentare la documentazione al Meccanismo di verifica e ispezione delle Nazioni Unite per lo Yemen (UNVIM) prima del loro arrivo nel porto di destinazione e solo se non vi sono problemi l’UNVIM concederà l’autorizzazione. Se vi sono sospetti riguardanti i movimenti della nave, l’equipaggio, i documenti o sul carico a bordo, che potrebbe risultare proibito, l’UNVIM ispezionerà l’imbarcazione. Ma a quanto pare i mercantili di Mosca riescono ad aggirare i controlli verso i porti yemeniti che per le Nazioni Unite possono ricevere merci purché queste non siano destinate alle aree sotto il controllo degli Houthi e sia garantito il rispetto dell’embargo sulle armi.
Intanto la penetrazione degli Houthi in Iraq è sempre più reale. L’espansione della loro influenza segna un momento critico nella strategia regionale del gruppo fondamentalista ribelle, eterodiretto dall’Iran e sta sollevando profonde preoccupazioni per la stabilità regionale alimentando le rivalità geopolitiche già esistenti col rischio in particolare dell’allargamento della guerra tra Israele e Hamas.
Il 9 luglio, i media iracheni hanno riferito che Abu Idris al-Sharafi, il rappresentante degli Houthi in Iraq, ha aperto il suo quartier generale nel distretto di al-Jadriyah di Baghdad, vicino alla Green Zone e alle sedi delle Unità di mobilitazione popolare (PMU), le milizie scite filoiraniane i cui membri sono stipendiati da Tehran.
Sharafi è l’artefice del suggello della stretta cooperazione tra le Unità di mobilitazione popolare e il movimento Houthi e recentemente ha visitato i villaggi dell’Iraq meridionale accompagnato da ufficiali di Tehran dove ha incontrato i leader tribali e religiosi di diverse province.
Gli Houthi e la “Resistenza islamica” in Iraq, coalizione di milizie irachene sostenute dall’Iran di cui fa parte anche il PMU, avevano recentemente rivendicato attacchi con droni e missili contro la località turistica di Eilat, nel sud di Israele, e le città portuali di Ashdod e Haifa, e anche quello di venerdì 19 luglio contro Tel Aviv sarebbe avvenuto in coordinamento con una milizia paramilitare sciita irachena, che fa parte delle Unità di mobilitazione popolare, denominate Kataib Hezbollah (KH). Abu Hussein al Hamidawi, che è il segretario generale di Kataib aveva recentemente avuto una telefonata con il leader supremo degli Houthi, Abdulmalik al-Houthi, noto anche come Abu Jibril, per discutere di coordinamento nella guerra contro Israele e per invitare tutte le milizie irachene sostenute dall’Iran a unirsi agli Houthi negli attacchi alle spedizioni internazionali verso il Mar Mediterraneo.
La presenza degli Houthi in Iraq risale al 2011. Durante la guerra del 2014-17 contro lo Stato islamico e con l’intervento militare guidato dall’Arabia Saudita nello Yemen nel 2015, gli Houthi hanno rafforzato il coordinamento delle loro attività in Iraq con i gruppi armati sostenuti da Tehran. La guerra tra Israele e Hamas ha fortificato legami tra tutte le fazioni dell’asse della resistenza che include anche Hezbollah in Libano, Hamas e Jihad islamica nei territori palestinesi e le varie milizie sciite filo-iraniane in Siria.
© Riproduzione riservata