È tempo di elezioni e in un certo senso di bilanci. Partiamo dai bilanci. Uno riguarda la povertà educativa, uno dei grandi temi del nostro territorio. Perché è una criticità che poi genera altre criticità in un circolo vizioso dal quale tanti ci avevano promesso di tirarci fuori salvo poi fermarsi alle parole e ai proclami politici senza passare alle azioni. Un recente studio di Openpolis mette in evidenza il gap che patisce il Sud, e la Campania, sul fronte dell’istruzione, in particolare quella universitaria. E tutto in un contesto europeo in cui l’Italia è uno dei paesi con il minor tasso di giovani laureati, o di persone che comunque dispongono di un titolo di studio assimilato, di livello terziario.

«A fronte di una media del 41,2% di giovani europei con un titolo di studio di livello terziario, che comprende percorsi come quello universitario o in istituti tecnici superiori, nel nostro paese la quota si attesta al 28,3%. Si tratta del secondo dato peggiore dopo quello della Romania (23,3%)», sottolinea Openpolis. «Incrementare la quota di laureati rappresenta una sfida cruciale per i prossimi anni. In un mondo del lavoro sempre più competitivo aumenta il livello di conoscenza richiesto per essere occupati, e con esso l’importanza del percorso di studi. Maggiori competenze consentono ai singoli individui di aspirare a migliori posizioni lavorative, riducendo il rischio di ricadere nell’esclusione sociale. Una questione ancora più centrale nel contesto post pandemico che stiamo vivendo», si legge nel report.

L’istruzione equa è uno strumento di giustizia sociale. Un obiettivo di crescita per l’intero Paese. Per raggiungerlo, però, c’è prima bisogno di sanare i divari interni che oggi esistono in termini di accesso all’istruzione terziaria. Vuol dire ridurre le differenze territoriali che per ora esistono in termini di accesso ai percorsi di istruzione, dai primi anni di vita del bambino per proseguire in tutti i livelli successivi. «Lungo tutto il percorso di studi, il ritardo del Mezzogiorno è spesso un elemento ricorrente. Nelle regioni meridionali – spiega Openpolis- è generalmente più bassa l’offerta di posti nido e del tempo pieno, nonché di strutture scolastiche come mense e palestre. Mentre sono più frequenti la dispersione scolastica e i bassi apprendimenti». Il report descrive come nell’Italia meridionale, dove già sono di meno i ragazzi che raggiungono il diploma, meno della metà dei neodiplomati si iscrive all’università. Si parla di circa il 47,5% del totale sia nel Sud continentale che nelle isole, a fronte di una media nazionale del 51,4%, di un 53,5% del Nord e del 55% del centro Italia.

La Campania, in particolare, è agli ultimi posti (43%) insieme alla Sicilia (46,6%). Si stima che in una provincia su due meno del 50% dei neodiplomati si iscrive all’università e addirittura che in nessuna provincia campana e siciliana si raggiunge la quota del 50%. Di conseguenza anche la quota di giovani laureati nell’Italia meridionale è più bassa. Nel 2021, la percentuale di residenti tra 25 e 34 anni laureati o con altri titoli terziari è stata pari al 24,3% al sud e al 20,6% nelle isole, a fronte di una media nazionale del 28,3%. La spaccatura tra nord e sud emerge anche tra le città maggiori: se a Bologna e Milano le percentuali di cittadini con titolo di studio terziario si attestano attorno e anche oltre il 46%, a Napoli non si supera il 23% (22,52% per l’esattezza). Numeri troppo bassi che sono freno per la crescita sociale della città. Per ridurre le disuguaglianze sociali serve intervenire su quelle educative. È il momento di agire.

Avatar photo

Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).